L’opera e il suo sommario
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i edizione - sommario. Girolamo
Gigli a chi legge (pp. I-XXXVII); Sigle degli autori citati (pp.
XXXVII-XL); Gli Scrittori Sanesi più moderni, che quì si citano per qualche
osservazione, tra’ molti altri, che si tralasciano, già nel nostro
manifesto accennati (pp. XL-XLI); Altri Scrittori moderni, citati in
conformazione dell’uso della Santa, o dell’uso Sanese, o pure per
dichiarazione di alcuna cosa (pp. XLIII-XLIV); [Lemmario. La copia presso
l’Accademia è priva delle ultime otto pagine] (pp. XLV-CCCXII).
l’opera. Girolamo Gigli divenne,
soprattutto per questo vocabolario, il simbolo della “più vigorosa
insurrezione municipale ma non particolaristica contro le pretese
esclusiviste, in materia di lingua, degli ambienti colti fiorentini”
(Vitale 1984: 192). Lo spunto polemico di partenza gli venne offerto
dall’assenza di citazioni di Caterina da Siena (“non troppo lontana dagli
anni di Giovanni Villani e nell’età medesima del Boccaccio, e del Petrarca,
e di tant’altri di più puliti Prosatori, e Poeti; e che diede con quegli
alla Toscana bambina eloquenza il primo sostanzioso latte”, p. XXX) nella
terza edizione del Vocabolario
della Crusca, nella cui tavola
dei citati pure compariva. Si ripropone dunque l’idea del lemmario
costruito sulla lingua di un solo autore con intenti ora diversi da quelli
dei primi lessicografi e con spoglio di molti altri. Ogni autore senese
citato è sottoposto a un ideale e polemico confronto con gli autori
consacrati dai fiorentini (ad esempio, “Agnolo di Tura del Grasso,
contemporaneo di Giovanni Villani [...]”, “Bindo Bonichi, Poeta Sanese,
contemporaneo di Dante [...]”) e la selezione degli esempi tratti dagli
scrittori approvati dalla Crusca è funzionale a sostenere il modello
cateriniano. Tra gli scrittori moderni Gigli segnala lessicografi quali Politi, Pergamini,
l’Alunno, il Felici, Tassoni e Pomey.
La storia dell’opera, che circola a
fascicoli prima della pubblicazione a Roma e Lucca, è parallela a quella
del suo autore, il quale, non potendo contare sul sostegno della Crusca, blandisce
altre accademie e invita diversi scrittori coevi a utilizzare termini
cateriniani nelle loro opere, per poter sostenere poi nel suo vocabolario
che questi lemmi sono ancora in uso, offrendo in cambio la fama della
citazione. È il caso di: “guarda già
e guardate già verbo avverbiato
significante eccettuazione e avvertimento. [...] io lo trovo testè in tutta
la buona gala di Lingua presso un chiaro Scrittore vivente” (la voce quindi
seguita con esempi da suoi contemporanei poco o affatto noti). Non mancano
citazioni “inventate di sana pianta (in particolare quegli Strambotti
dei Rozzi che il Benvoglienti riconobbe subito come apocrifi, e
ulteriori indagini confermarono tali)” (Migliorini 1940: 76), mentre il
Gigli stesso ne denuncia la presenza in altri vocabolari. Si segnalano
soprattutto i pregevoli riscontri lessicali e grammaticali in cui contesta
la veridicità o la correttezza di citazioni della Crusca: “procurare. disse Santa Caterina, e
tutti i Sanesi, e tutte le nazioni Toscane, ed Italiane [...]. I Fiorentini
soli soli pronunziano col c
raddoppiato proccurare, proccuratore,
e proccura; ed in questa maniera
autorizzarono tali voci nel Vocabolario, citando il Boccaccio, Dante, ed il
Petrarca, ed altri. Ma, per vero dire, questo Proccuratore non merita d’aver troppo Clientoli al suo studio,
nè molti Giudici a suo favore, perche regge la sua causa in gran parte a
forza di falsi rapporti di citazioni”.
Nel suo modello linguistico, pur
“cateriniano” il senese è considerato per l’uso parlato e con una
distinzione, diremmo oggi, diastratica tra “volgo nobile” e “volgo
villano”: “numeri. I
Fiorentini, e Sanesi fino a uno
contano bene insieme; ma poi si rompono; e quegli dicono dua, questi due [...]. Indi s’accordano fino a dieci, che tutti così scrivono, ma taluno di essi tal volta diece. Al Quattordici nuova lite: I Fiorentini lo dicono coll’o chiuso, i Sanesi coll’aperto
[...]. Oggi pure il Volgo Sanese, e il Volgo nobile ancora dice vinti”. Il tono delle definizioni,
che ospitano aneddoti umoristici, spunti satirici e attacchi ingiuriosi,
diventa sempre più acre: il lemma “pronunzia”, in cui si offre una
trattazione linguisticamente interessante, si articola tra polemiche e
osservazioni sui diversi usi toscani da p. CXCVII a p. CCXCIX.
L’opera verrà interrotta alla lettera R
e, insieme coll’esilio temporaneo comminato al Gigli, condannata al rogo,
ma si dice che nelle piazze vennero bruciate al suo posto parecchie copie
di altri libri, salvandone molte di questo vocabolario rimaste nelle biblioteche
private.
ii edizione - sommario. Al
lettore [dovrebbe essere di Angelo J. Nelli] (pp. III-IX). [Il sommario
prosegue poi come nella precedente edizione, continuando il lemmario dalla
lettera R. Lemmario] (pp. 1-343). Il piato dell’H. Farsetta satirica di
Pietro Jacopo Martelli. Al signor Girolamo Gigli nobil sanese Accademico
Intronato, e della Crusca. L’autore (pp. 347-52); Interlocutori (p. 352);
Farsetta (pp. 353-63); Ritrattazione di Girolamo Gigli sanese (pp. 364-71);
Lettera di Girolamo Gigli scritta al cavaliere Anton Francesco Marmi (pp.
372-74); Lettere delle principali Accademie d’Italia scritte a Girolamo
Gigli in approvazione delle opere di S. Caterina da Siena (pp. 377-483).
l’opera. Durante l’esilio da
Roma comminato al Gigli dopo l’uscita della prima edizione del vocabolario,
l’autore lavorò a completare il lemmario, probabilmente con accresciuto
risentimento, ma l’opera fu ripubblicata solo postuma a Lucca nel 1722 con
la falsa e ironica indicazione nel frontespizio di Manilla.
La nota introduttiva, premessa alla
prefazione del Gigli, fu verosimilmente redatta dal commediografo Nelli: in
essa si tenta di smorzare i toni aspri delle polemiche suscitate dalla
prima edizione dell’opera. Anche nella parte di lemmario presentata per la
prima volta in questa edizione sembra facilmente individuabile lo stile del
Gigli, nonostante nelle avvertenze ai lettori si dichiari di aver
utilizzato solo “pochi frammenti” dell’autore e più il lavoro di altri,
ovvero del Nelli. È ad esempio sui toni del Gigli la voce: “sanesi. Oh quì veramente avrei da
stendermi [...]. Perchè qual materia non mi somministrerebbe a parlare la
non curanza, per non dire, disprezzo, e strapazzo fatto all’eloquenza della
nostra santa, come altrove si è mostrato, dagli Eruditi Farinajoli della
Tramoggia, solamente perchè ella è Sanese? [...]” (tra l’altro la voce si
estende da pagina 270 alla 277).
In appendice si pubblica una farsetta di
Pietro Jacopo Martelli, la ritrattazione che il Gigli aveva dovuto scrivere
per vedersi condonata la pena e le lettere di diverse accademie dalle quali
egli aveva cercato sostegno.
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