Stampe
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Prima edizione:
1543: Le
ricchezze della lingua volgare di m. Francesco Alunno. In Vinegia, in
casa de figliuoli di Aldo.
Biblioteca dell’Accademia della
Crusca – Firenze
Biblioteca del Seminario
arcivescovile maggiore – Firenze
Biblioteca Marucelliana –
Firenze
Biblioteca Nazionale Centrale
– Firenze
Edizioni e ristampe:
1551 (seconda edizione): Le ricchezze della lingua volgare di m. Francesco, Alunno da
Ferrara sopra il Boccaccio nouamente ristampate, et con diligenza
ricorrette, et molto ampliate dallo istesso autore. Con le dechiarationi,
regole, & osseruationi delle voci, & dell’altre particelle; &
con le annotationi della uarietà de testi antichi, & moderni; & il
tutto collocato a i luoghi loro secondo l’ordine dell’alphabeto: insieme
col Boccaccio, nel quale sono segnate le carte co i numeri corrispondenti
all’opera ... In Vinegia, in
casa de’ figliuoli di Aldo.
Biblioteca dell’Accademia
della Crusca – Firenze
Biblioteca provinciale dei
Cappuccini – Firenze
Biblioteca Nazionale Centrale
– Firenze
Biblioteca di Lettere e
filosofia – Firenze
1555 (terza edizione): Le ricchezze della lingua volgare, di m. Francesco Alunno da Ferrara
sopra il Boccaccio, nuouamente ristampate, et con diligenza ricorrette, et
molto ampliate dallo istesso autore. Con le dechiarationi, regole, &
osservationi delle voci, & delle altre particelle; & con le
annotationi della varietà de testi antichi & moderni; & il tutto
collocato ài luoghi loro secondo l’ordine dell’alfabeto: insieme col
Boccaccio, nel quale sono segnate le carte co i numeri corrispondenti
all’opera, per più commodità de gli studiosi. In Vinegia, appresso Giovan Maria Bonelli
(riproduzione fototipica, Milano, Merendi, 1962).
Biblioteca dell’Accademia
della Crusca – Firenze
Biblioteca Nazionale Centrale
– Firenze
Biblioteca Riccardiana –
Firenze
1557
(quarta edizione) Le ricchezze della lingua volgare sopra il
Boccaccio, di m. Francesco Alunno da Ferrara. Di nuovo ristampate,
ricorrette, et ampliate dallo istesso autore, con le dechiarationi, regole,
osservationi, & aggiontovi le cadenze o vero desinenze di tutte le voci
del detto Boccaccio, e del Petrarcha, per ordine di alphabeto, col
Decamerone secondo l’originale, e ristampato dall’Academia Fiorentina, e
segnato co i numeri corrispondenti all’opera. In Vinegia, per Comin da Trino [sul frontespizio «Per Paulo
Gherardo»].
Biblioteca
dell’Accademia della Crusca – Firenze
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L’opera e il suo sommario
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I edizione - sommario.
L’impressore a i lettori (c. 1v); Allo illustrissimo et reverendissimo
monsignor Alesssandro Farnese Cardinale (c. 2r); L’Alunno alla Eccellenza
del dottor Ronchegallo (c. 2v); Ai lettori (c. 2v); La dichiaratione
dell’ordine di tutta l’opera (cc. 2v-3r); Ordine de numeri (cc. 3r-3v);
Breviature dell’opera (c. 3v); Vocabolario (cc. 4r-200v); Voci di una
medesima o consimile pronontia ma di significato diverse [es.: “bacco bacco. voce con che si
spaventano i bambini, o vero fantolini,
et baccho Dio del vino”] (cc. 201r-206v); Voci di un
medesimo significato, et che in più modi si scrivono [es.: “Abbagliare, et
ancho abbarbagliare per offuscare si dice”; “Dapoi, et Poi,
et poscia”]
(cc. 206v-208r); La espositione de vocaboli difficili usati dal Petrarca,
da Dante, et da altri auttori, ma non gli usati dal Boccaccio, imperò che
quelli sono tutti nell’Indice per l’ordine dell’Alphabeto (cc. 208r-211r);
Voci overo vocaboli, che usano i latini, greci, provenzali, francesi,
spagnoli, thedeschi, inglesi, gothi, et
altre nationi, delle quali noi non
citiamo se non quelle, che più si conformano, o confanno alla lingua nostra
volgare, et massimamente con le usate da gli approbati auttori, cioè
Boccaccio, Dante, et Petrarca [e ancora:] voci che usano napolitani, voci
che usano ferraresi, voci vinitiane, romane, milanese, lombarde,
romagniuole, aretine, senese, marinaresche, militari, de archimisti, de
abachisti, turchesche, moresche, arabe, hebraiche (cc. 211r-222r); Voci
usate da più antichi thoscani che hoggi poco o niente s’usano (c. 222r);
Voci che si usano in prosa (c. 222r); Voci che si usano in verso (c. 222r);
Voci mozze, et sin. et plu. (c. 222r); Nomi et verbi di una medesima qualità
(c. 222r); Nomi et verbi di qualità varia (c. 222r); Presente
et preterito
(cc. 222r- 222v); Mascolini et feminini in uno (c. 222v); Proverbi et motti
usati dal Boccaccio (cc. 222v-223r); Proverbi triti et noti (cc.
223r-223v); Regolette particolari della volgar lingua [divise nei
paragrafi:] Del nome, Del verbo, Infiniti, Declinatione de verbi,
Participi, Gerondi, Del caso, Di alcune particelle, Generali (cc.
223v-225r); Errori (cc. 225v-226r).
l’opera. L’Alunno
è forse il primo autore di vocabolari che consapevolmente assume il ruolo
di lessicografo di professione e tale viene unanimamente considerato.
Quest’opera, collocata tra la prima e la seconda edizione delle Osservationi sopra il Petrarca,
rientrava in un progetto, che si conclude con la Fabrica del mondo, di raccolta
lessicografica della lingua della prosa e della poesia dei Trecentisti
autorevoli. Ignorando, non possiamo dire quanto consapevolmente, le opere
precedenti, l’autore infatti dichiarava “Ai lettori”: “ne perciò si è
anchor trovato alcuno che habbia voluto affaticarsi in comporre un
Dittionario [...]. Ma percioche io trovo molto differente il verso dalla
prosa, et anchora per servire alla commodità della grandezza del volume ho
diliberato partirlo in due parti, nell’una si conteneranno tutte le voci
usate dal Boccaccio in tutte le sue opere, insieme con la Fabrica, et ordinatione di tutte le cose del mondo,
molto necessaria a chiunque vuol parlare o scrivere di qual si voglia
materia. Nell’altra poi saranno tutte le voci usate in verso da Dante, et
dal Petrarcha” (c. 2v). La raccolta dedicata esclusivamente a Dante
tuttavia non fu mai realizzata.
Siamo di fronte ancora a un formario
antologico, anche se i verbi sono tipizzati e raccolti all’infinito. La
lemmatizzazione risponde a criteri di razionalità notevole per i tempi e si
apprezza la cura nella disposizione del materiale, ma non mancano i casi in
cui alla voce seguono lunghe serie di sottolemmi, non sempre congrui (“agra. Tratto per meta. da frutti, o
sapori aspri et agri. [...] agramente.
Cominciorono agramente a prestare ad usura... Et sono agrissimo pugnatore idest
fortissimo. am”). Le
citazioni sono tratte non solo dal Decameron
ma anche da opere minori del Boccaccio e sono indicate con un accorto
sistema di rinvii numerici costruito con apprezzabile scrupolo filologico.
Il testo del Decameron cui si fa
riferimento è quello dell’edizione di Nicolò Delphino ristampata dai Da
Sabbio nel 1526. Puntuali sono anche le definizioni, che dopo la prima
edizione attingono considerevolmente al Vocabolario
dell’Acarisio uscito anch’esso nel
1543 (per esempio alla voce “badessa” nella I edizione si legge “non s’usa”
nelle successive, coll’Acarisio, “non mi spiace”). In alcuni casi le glosse
si costruiscono dando solo l’equivalente latino (“aia. Area”; “forche.
Crux”), in altri si corredano di osservazioni sulle varianti regionali o
latamente diatopiche (“fiorenza,
et Firenza,
et Firenze si dice, ma l’ultima è più voce del volgo che
cittadinesca”). Non mancano riferimenti al veneto, e al veneziano in
particolare (“santoccio.
Santolo”), emilianismi (“sergenti.
Zaffi, sbiri, etc. Vo. Fr. Et non Thoscano”) e lombardismi in genere. Sono
ridotte ma non assenti le etimologie.
L’opera si correda anche di osservazioni
grammaticali, soprattutto sull’uso dei pronomi, poco familiare ai parlanti
non toscani, di proverbi tratti dalle opere del Boccaccio, di una serie di
appendici che illustrano perlopiù il rapporto tra il modello linguistico
assunto e i dialetti della penisola o le lingue di altri paesi: importanti
sono l’elenco dei termini non più in uso presso i toscani, per l’aspetto
fonomorfologico (c. 222r), e quello delle differenze tra uso in prosa e in
poesia, per la storia del dibattito sulla lingua (c. 222r).
Questa edizione ebbe un notevole
successo, tanto che nella seconda l’Alunno ricordava: “il giudicio publico
del mondo mostrava far tanto conto di quel libro, che di duo mila, che se
ne stamparono & più, fra pochi mesi tra librari non se ne trovasse pur
uno, & se pur per gran sorte se ne trovavano si vendeano a gran prezzo, &
di continuo se ne domandavano con molta istanza” (c. 2r).
II edizione - sommario [Si
indicano solo le differenze rispetto alla precedente edizione. La lettera
“Allo illustrissimo et reverendissimo monsignor Alessandro Farnese
Cardinale” è ora datata 1551; l’opera prosegue poi senza variazioni dalla
prima edizione fino a “La espositione de vocaboli difficili”, da cui
continua:] Voci usate da più antichi thoscani che hoggi poco, o niente
s’usano (c. 216v); Voci provenzali (cc. 216v-217r); Voci usate solo da
poeti ne versi (cc. 217r-217v); Voci che si usano solo nella prosa (c.
217v); Voci che si usano in verso ad un modo, et in prosa ad un altro. Le
prime voci saranno del verso, e le seconde della prosa, cioè dopo li duo
punti (c. 217v); Voci masculine, et feminine in uno (c. 218r); Voci mozze,
che sono sinc:
et plur: (c. 218r);
Nomi, et verbi di una medesima qualità (c. 218r); Nomi,
et verbi di una
istessa pronontia, et di qualità varia (c. 218r). [Infine riprende le]
Regolette particolari della volgar lingua (cc. 218r-220r).
l’opera. Le indicazioni de
“L’impressore a i lettori” scompaiono e confluiscono nel titolo; la lettera
dedicatoria ad Alessandro Farnese è
riscritta e datata 1551: si fa riferimento al successo della prima edizione
e si lamenta il fatto che dopo otto anni non si sia ancora ricevuta una
risposta; inoltre, si parla di consigli e aiuti esterni, tra gli altri di
Muzio, Ruscelli,
Paolo Manuzio. Aumenta il vocabolario ma più per l’ampliamento delle
definizioni che per il numero delle voci; significativo in questo senso il
confronto con l’Acarisio spesso
ripreso da questa edizione (I Ricchezze:
“oltraggio. ingiuria”; Acarisio: “Oltraggio significa ingiuria
soverchio, & torto, da onta detto, onde oltraggiare verbo”; II Ricchezze: “oltraggio, val ingiuria, soverchio, torto, etc. detto da
Onta”). Si riduce il numero delle appendici, in particolare si mantiene
solo il confronto con il provenzale e si ignorano tutte le altre lingue e dialetti.
Aumenta invece l’attenzione alle distinzioni tra prosa (le cui voci passano
da 85 a 145) e poesia (da 91 a 274).
III edizione - sommario. [Non
ci sono differenze sostanziali rispetto alla precedente edizione.]
l’opera. L’edizione riproduce
fedelmente la seconda, tranne le correzioni di alcuni errori e l’uso di una
veste tipografica più nitida.
IV edizione - sommario. [La dedicatoria “Allo illustrissimo
et
reverendissimo monsignor Alessandro Farnese Cardinale” è ridatata 1557. Dopo l’elenco di “nomi, et verbi di una istessa pronontia” l’edizione aggiunge:] Nomi propri, e
cognomi usati dal Boc: nel suo Decamerone. Et i luoghi loro (cc.
391v-392r). [Riprende poi dalle “Regolette”].
l’opera. La data della lettera al
cardinale Farnese è, morto l’anno prima l’Alunno, probabilmente modificata
dal tipografo (non chiaro se sia quello indicato nel frontespizio o in
chiusura). Lo stesso tipografo, forse avendo compreso che l’Alunno aveva
spesso attinto dall’Acarisio, ricorre alla stessa fonte a sua volta, intervenendo
nel corpo del vocabolario (Messi 1943: 613). Da notare anche il riferimento
all’edizione del Decameron curata
dall’Accademia Fiorentina (ma cfr. Gasca Queirazza 1961: 56: “[nell’Ordine
dei numeri] ci si riferisce sempre all’edizione del 1526, mentre il titolo
parrebbe rinviare all’edizione dell’ 'Accademia Fiorentina'. Misteri
editoriali!”). L’elenco di nomi propri aggiunto non è completo.
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