Dittionario della lingua italiana, turchesca

1641

 

 

 

Autore

Molino, Giovanni

Titolo

Dittionario della lingua italiana, turchesca

Stampe

Prima edizione:

1641: Dittionario della lingua italiana, turchesca raccolto da Giovanni Molino interprete; con l’indice delli vocabuli turcheschi, e breui rudimenti di detta lingua. In Roma, appresso Antonio Maria Gioiosi.

 

Biblioteca dell’Accademia della Crusca - Firenze

 

Edizioni  esaminate

1641: prima edizione, in Roma, appresso Antonio Maria Gioiosi.

L’opera e il suo sommario

 

sommario. Eminentissimo, e reverendissimo signore, e padrone colendissimo (cc. A2r-A2v); Alli benigni lettori (cc. A3r-A4v); Dittionario italiano, turchesco di Gio. Molino Interprete (cc.A5r-Q8r, con colonne numerate 1-494); Indice del dittionario della lingua italiana, e turchesca (con numerazione nuova: cc. A1r-E7v); Linguaggi che si parlano per tutto il dominio Ottomano (c. E8r); Imperij, regni, signorie, et tributarie, che la casa ottomana tiene sotto di se (c. E8r); Brevi rudimenti del parlar turchesco. Quattro sono le parti principali del parlar turchesco, cioè nome, pronome, verbo, et avverbio (cc. F1r-F4r); Errori e correttioni (c. F4v).

 

l’opera. Il vocabolario del Molino nasce dall’evoluzione che i rapporti con l’impero ottomano avevano subito sin dal Cinquecento portando a un’inedita curiosità per il turco in Italia. Crebbe pertanto il numero di grammatiche e vocabolari per apprendere la lingua ‘turchesca’. “Questi opuscoli utilitaristici dovettero godere di una certa fortuna, se ne sono giunti fino a noi, malgrado la loro labilità, diversi esemplari, magari col titolo mutato e lo stesso contenuto” (Cortelazzo 1989: 133). Il Dittionario si ascrive a una tradizione lessicografica che inizia col Vocabulario nuovo del 1574 e si compone perlopiù di opere simili con smilze liste di parole, ma soprattutto di fraseologia. Trattando nell’introduzione delle diverse parlate turche l’autore dice di essersi “accostato al parlare Costantinopolitano, il quale al presente è il migliore, essendovi la residenza della persona Reggia” (cc. A3v-A4r).

   Il lemmario, che è solo dall’italiano al turco, abbonda di locuzioni e sintagmi che sono registrati, come avviene spesso, secondo la prima parola che li compone (si noti ad esempio la sequenza: “A bon’hora”, “A bon mercato”, “Abuso”, “A bon viaggio”). Si segnalano a lemma numerose varianti fonetiche dialettali (“cacciare fora” e “fuora”, “calcinaro”, “bono” e “bonissimo”), forme desuete (“caldezza”) e frequenti registrazioni di nomi propri, perlopiù geografici.

   Gli articoli si compongono col solo corrispondente turco, ma si danno, talora, anche glosse esplicative, di solito con equivalenti sinonimici, soprattutto per distinguere parole polisemiche (“Capo, ò guida”, “Capo, cioè promontorio”). L’autore tace su eventuali fonti consultate. Il dizionario è seguito da un indice in cui sono ordinate le voci turche con il rinvio al lemmario italiano.

   Nel 1677 fu pubblicato dal Mascis un vocabolario considerato plagio del lavoro del Molino, di cui questa del 1641 è la prima edizione a quanto si sappia.

 

Nota bibliografica

Cortelazzo 1989: 437-46; Mancini M. 1992: 41, 110-12.