Stampe
|
Prima edizione:
1614: Dittionario
toscano compendio del vocabolario della Crusca. Con la nota di tutte le
differenze di lingua che sono tra questi due populi fiorentino, e senese.
Compilato dal sig. Adriano Politi. In Roma, appresso Gio. Angelo
Ruffinelli, stampato per Giacomo Mascardi.
Edizioni e ristampe:
1615
(seconda edizione): Dittionario toscano compendio del Vocabolario della
Crusca. Compilato dal sign. Adriano Politi. Aggiuntoui assaissime voci e
auertimenti necessarij per il scriuere perfettamente toscano. In
Venetia, appresso Gio. Guerigli, & Francesco Bolzetta.
Biblioteca dell’Accademia
della Crusca – Firenze
1655 (sesta
edizione): Dittionario toscano,
compilato dal signor Adriano Politi, gentilhuomo senese, di nuouo
ristampato, corretto, & aggiuntoui assaissime voci, & auuertimenti
necessarij per il scriuere perfettamente toscano. In Venetia, appresso il Barezzi.
Biblioteca
dell’Accademia della Crusca - Firenze
|
L’opera e il suo sommario
|
II edizione- sommario. Al
molto illustre sig. il sig. Cratone Sylero lycopolitano hasso, consigliero
della nobilissima natione germanica, nella Università de’ signori filosofi,
e medici in Padova, e a tutta l’inclita natione de i generosissimi signori
alemanni di detta Università (cc. *2r-*2v); Al sig. Curtio Politi (cc.
*3r-*8v); Dittionario toscano (pp. 1-592); Indice delle voci del dialetto
senese (cc. Pp1r-Pp7r).
l’opera. Pur essendo presentato
dall’autore come “un semplice memoriale della nostra favella, &
un’abbreviatura del famoso Vocabolario de’ Signori Accademici della Crusca” (c. *3r), questo
dizionario divenne, con altre, una delle opere con cui la cosiddetta scuola
senese rivendicò tra Cinquecento e Seicento un ruolo al senese al pari del
fiorentino imposto dalla tradizione letteraria, grammaticale e
lessicografica. Con chiarezza è lo stesso Politi che dopo aver rifiutato
l’autorità degli scrittori del Trecento (“Dico non esser così necessaria
l’autorità de gli Scrittori, massimamente de’ secoli passati, nella lingua
che è in corso”, c. *3bisr) spiega il proposito della propria fatica: “un
breve Dittionario: più ristretto quanto al numero delle voci, lasciando da
banda l’antiche rifiutate dal favellar moderno, e gran parte delle voci
tutte latine, non usate da buoni autori: ma più largo, e più universale
coll’aggiunta delle voci del Dialetto Senese adoperate da nostri Scrittori,
e particolarmente da nostri Comici” (c. *3bisv). Il rifiuto, dunque, delle
autorità fiorentine trecentesche si giustifica in favore della lingua viva
e contemporanea e del senese, considerato, ancor più del fiorentino, adatto
agli usi comuni dei non toscani, come dirà in altri luoghi.
A ben vedere, su 20.000 lemmi i
senesismi segnalati nell’indice posto in appendice (cc. Pp1r-Pp7r) sono
1661, e di rado a lemma; inoltre, di questi solo 550 mancano di indicazione
anche della forma fiorentina. Il caso frequente è quello del confronto:
“mellone. Fiorent. frutto simile alla zucca lunga, di colore simile al
cedruolo, ma più sciapito. Sen. chiamano questo frutto col nome di
cedruolo. E per mellone intendono il popone”; ma compaiono anche senesismi
a lemma: “ninna, Sen., il dormire dei bambini”. Spesso si propongono
soltanto varianti fonetiche (“ballarino” per ‘ballerino’ oppure “buttiga”
per ‘bottega’).
Le definizioni sono perlopiù stringate o
limitate, se possibile, a indicare l’equivalente latino. L’ordine dei
significati dà privilegio a quelli etimologici su quelli derivati. Un
ulteriore spazio è conquistato dal senese attraverso i modi di dire e le
locuzioni che corredano gli articoli in luogo delle citazioni di autori,
utilizzate, invece, dai cruscanti. Nel Dittionario
i due tipi linguistici si confrontano e spesso anche confondono, ma la
varietà, rispetto all’unidirezionalità imposta dalla Crusca, non
impedirà una notevole fortuna editoriale (solo a Venezia se ne ebbero
undici ristampe).
VI edizione-sommario. [L'unica
differenza da rilevare rispetto all'edizione del 1615 è l'assenza della
dedicatoria a Cratone Sylero.]
L’opera. Particolarmente indicativo
il cambiamento del titolo, che compare a partire dall’edizione del 1629
(anche se per Neri 1951 già nell’edizione del 1625), poiché il sottotitolo
in cui si faceva riferimento alla Crusca (voluto sembra dal libraio e non
dal Politi) aveva provocato la dura reazione degli accademici; “la cosa
andò innanzi, e si procedette con tanto strepito, che in Venezia e altrove
si sparse voce, che il Politi,
compilatore del Vocabolario, fosse stato messo prigione in Roma, per certa falsità commessa nel suo Dizionario” (Zeno - Fontanini 1753: 84-85). Più che una “nuova edizione
vera e propria non è che la ristampa della precedente” (1647) (Neri 1950:
181-82); d’altronde la diligenza delle correzioni delle prime tre edizioni
andò gradualmente perdendosi in quelle successive con proporzionale aumento
degli errori di stampa.
|