Sommario e contenuto dell'opera
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Ad
Hiparcha sua Rinaldo Corso. Dedicatoria [Intento dell'autore è stato
quello di ridurre la lingua toscana, ‘incerta’ fino ad allora, in regole
che potessero rendere possibile l'apprendimento anche da parte di chi è
‘barbaro, et strano’, così come è accaduto per altre lingue la cui
grammatica è stata esposta ordinatamente];
Nel primo
‘ragionamento’ (cc. 3r-18v. La numerazione delle pagine si riferisce
alla prima edizione) sulla lingua toscana Corso tratta: delle lettere. [Sono venti (cinque vocali e quindici consonanti). Le
vocali sono ‘libere’ (‘a’ ed ‘o’) o ‘serve’ (‘i’, ‘u’, ‘e’); possono
formare dittonghi. Le consonanti si dividono in ‘mute’ e ‘mezzovocali’
(‘l’, ‘m’, ‘n’, ‘r’, ‘s’, ‘x’). Sono illustrati casi di varianti di parole
dovute a diversi esiti consonantici, regole dell'aspirazione e uso della
lettera ‘h’]; delle sillabe (con
qualche regola per la divisione in sillabe); dell'ortografia e della pronuncia (‘regole brevi, et universali
appartenenti all'ordinata scrittura, et favella Thoscana, molte però
riserbandone à luoghi più opportuni’); della
punteggiatura (punto fermo, due punti, virgola e ‘segno dell' interrogatione’)
e degli accenti (che sono grave,
acuto, ‘misto’ - l'accento circonflesso - e ‘converso’ - l'apostrofo);
Nel secondo
ragionamento (cc. 18v-99v) sono
elencate e descritte le parti dell'‘oratione’. [L'autore dichiara di preferire la
terminologia latina a nuovi vocaboli o perifrasi adottati per nominare le
parti del discorso. Spiega di aver considerato l'articolo parte del
discorso a sé stante, ma di aver fatto confluire le interiezioni nella
classe degli avverbi, alla maniera dei greci. L'importanza accordata alle
preposizioni nella sua trattazione è dovuta principalmente al fatto che
esse 'senza altro mutamento di lettere fare distinguono i casi obliqui ne
gli articoli, et nomi Thoscani, che de latini non interviene'. Le parti del
discorso sono otto: ‘prepositione’, articolo, nome, pronome, verbo,
‘partecipio’, ‘adverbio’ e ‘coniuntione’. Si dividono in variabili e
invariabili: Le preposizioni
possono essere: 1) 'proprie, et quasi continue compagne de gli articoli et
de nomi, ne casi loro obliqui' (‘di’, ‘à’, ‘da’); 'meno sollecite compagne
de gli articoli, et de nomi’ (‘con’, ‘sopra’, ‘sotto’, ‘avanti’, ‘innanzi’,
ecc.); ‘solamente in compositione' (‘inter’, ‘pro’, ‘arci’, ecc.). L'articolo accordato al nome, serve
a distinguere il genere. Tre sono i suoi ‘accidenti’: genere (‘del
maschio’, ‘della femmina’ e, per voci particolari, ‘neutro’), numero
(‘primo’ e ‘secondo’) e caso (primo, secondo, terzo, quarto e sesto). Sono
elencati anche i casi in cui non si usa l'articolo davanti al nome. Il nome è 'parte nobilissima, et
principalissima dell'oratione'. Tre sono le possibili suddivisioni della
classe dei nomi: la prima distingue i nomi ‘particolari’ (propri) da quelli
‘generali’ (comuni); la seconda, quelli che 'per se stanno, et questi mostrano
la vera essenza della cosa, la quale significar si vuole’ (sostantivi) da
quelli che dipendono dagli altri e non l'essenza, ma la qualità della cosa
dimostrano' (aggettivi); la terza in realtà riassume tutte le possibili
distinzioni tra nomi, basate su criteri eterogenei: esistono nomi
collettivi, di cariche o professioni, di parentela, contrari, omofoni di
voci verbali, alterati, e, ancora, nomi (aggettivi) numerali, di grado
superlativo, di provenienza, deverbali, denominali. Di tutte queste sottoclassi
del nome vengono date le regole generali e della variazione secondo il
genere, il numero (‘primo’ e ‘secondo’) e il caso. I generi del nome sono:
‘di maschio’, ‘di femmina’, ‘comune’ (‘il, et la hoste’), ‘incerto’ (‘il
giorno’) e ‘indifferente’ (‘l'aquila’). Il nome ha, inoltre, figura
(‘semplice’, ‘composta’ o ‘ricomposta’) e ‘spetie’ ('per la qual si
discerne se egli è da se stesso, come valore: ò derivato, come valoroso'). I pronomi sono distinti in
‘determinati’, ‘indeterminati’ e ‘partecipanti’; i pronomi indeterminati, a
loro volta, si distinguono in pronomi ‘acconci’ a domandare, a mostrare
qualità, a mostrare quantità, a significare possesso, a distinguere,
relativi e genericamente indeterminati. I pronomi, infine, possono essere
'di Natura prima' (‘io’, ‘tu’, ecc.) oppure di derivata (‘mio’, ‘tuo’,
ecc.). Il pronome varia per genere (maschile, femminile e neutro), ‘figura’
(‘semplice’ o ‘composta’), ordine, numero (primo e secondo) e caso. Vengono
date le regole generali che riguardano il pronome. Fra le altre regole,
quelle che riguardano l'uso dei pronomi personali di terza persona: ‘egli’
( ‘ei’, ‘ê’), ‘eglino’ ed ‘ella’, ‘elle’ sono le forme usate nel primo
caso, mentre ‘lui’ e ‘lei’ non sono mai in caso retto, a meno che non
vengano usati al posto di ‘colui’, ‘colei’. Nella lingua poetica si trovano
esempi di ‘ella’, ‘elle’ e ‘elli’ usati in casi diversi dal primo. Il verbo è l'altra parte principale
del discorso. Esso varia secondo il ‘genere’ (attivo, passivo, ‘neutro’ e
impersonale), il tempo (presente, imperfetto, perfetto, ‘più che perfetto’
e ‘advenire, ò futuro’), il modo (‘dimostrativo’, imperativo,
‘desiderativo’, congiuntivo, ‘indefinito’), la ‘spetie’ ('prima, et natía,
come incido: seconda, et derivata, come incischio'), la figura (‘semplice’,
‘composta’ e ‘ricomposta’), il numero (primo e secondo), la persona (prima,
seconda e terza) e la ‘maniera’ (la prima con la ‘A lunga’, come ‘amare’,
la seconda con la ‘E lunga’, come ‘temere’, la terza con la ‘E breve’, come
‘ridere’, la quarta con la ‘I lunga’, come ‘sentire’). Un lunghissimo
capitolo contiene 'le regole generali de verbi et delle loro formationi
partitamente': le regole di formazione di ciascun tempo in ognuno dei modi
(la prima persona dell'imperfetto del dimostrativo, ad esempio, si forma
aggiungendo alla terza del presente la sillaba ‘-va’). Il participio è
parte del discorso che varia come il nome, ma deriva dal verbo e ne
conserva il significato. Gli ‘accidenti’ sono perciò sia quelli del nome
sia quelli del verbo: genere (maschile e femminile), caso (i sei casi del
nome e un settimo caso, già segnalato dai latini, come nell'esempio:
'vivente il Petrarcha'), tempo, ‘significatione’ (attiva e passiva), numero
e figura (come quelli del verbo). Viene descritta la regola di formazione
del participio attivo e del gerundio. Più difficile da ridurre a regole,
avverte l'autore, la formazione del participio passivo, per il quale
comunque bisogna sempre fare riferimento al perfetto. I participi passivi
sono di due tipi: quelli che si formano dalla prima persona (come ‘vinto’,
‘offerto’, ‘tacciuto’) e quelli che si formano dalla seconda persona
plurale (‘apparito’, ‘voluto’) dell’indicativo. Alla trattazione del verbo
e del participio segue una sezione dedicata ai verbi irregolari (‘De verbi
straordinari’): vengono trattati, nell'ordine, i verbi ‘havere’, ‘essere’ e
‘dovere’ e più brevemente altri verbi irregolari ('Seguono gli essempi
d'alcuni altri verbi straordinari'). L'avverbio
svolge, rispetto al verbo, la stessa funzione che il nome aggettivo svolge
rispetto al nome al quale si ‘appoggia’. Gli ‘accidenti’ dell'avverbio
sono: la ‘spetie’, la ‘figura’ e la ‘significatione’. La specie è prima
(come ‘Hoggi’) o derivata (come ‘Novellamente’); la figura può essere
‘semplice’, ‘composta’ e ‘ricomposta’. Le principali ‘significationi’
dell'avverbio sono quella del tempo e quella del luogo e di esse il Corso
tratta in particolare; tutti gli altri significati dell'avverbio (fra i
quali anche alcuni di esclamazione) sono elencati in un paragrafo dal
titolo 'significatione de gli adverbi universale'; in otto regole, si
descrive anche l'uso dell'avverbio di negazione. La congiunzione ('parte che non si varia, la qual congiugne
l'altre parti insieme'), come l’avverbio, ha tre figure e molteplici
‘significationi’: per ‘accoppiare’ (‘et’, ‘ed’, ‘e’), 'distinguere delle
due cose l'una' (‘ò’, ‘overo’, ‘overamente’, ecc.), ‘continuare’ (‘di modo
che’, ‘onde’, ecc.), ‘render ragione’ (‘che’, ‘perche’, ‘percio che’,
ecc.), ‘concludere’ (‘dunque’, ‘infatti’, ecc.), ‘contradire’ (‘nondimeno’,
‘tuttavia’, ecc), ‘ristringere’ (‘almeno’, ‘pure’, ‘solamente’, ecc.);
alcune congiunzioni infine sono 'senza significato alcuno, ò per aprirsi la
strada al ragionare, ò per rincominciare havendolo tralasciato, ò per sola
leggiadria, come Egli. E'. Ben. Hora. Pur. Ne. et si'.
Un breve accenno a fenomeni di morfosintassi è nel
paragrafo dedicato alla ‘concordia delle parti principali insieme’.
Il capitolo conclusivo dell'opera è dedicato alle ‘figure’,
vale a dire a modi di parlare 'fuor dello stil comune'. Alcune di esse sono
da evitare, altre da utilizzare, 'con gratia , et ornamento della
scrittura'. Il Corso, infine, suggerisce i tre elementi da considerare per
una buona interpretazione dei testi: il soggetto della scrittura,
l'intenzione e l'artificio del poeta; individua i tre elementi, a mo' di
esemplificazione, nel primo sonetto Petrarca ('Voi ch'ascoltate').
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Apporto generale dell'opera
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Obiettivo
dell'autore e tipo di grammatica: l'autore si propone di
raccogliere e scrivere le regole della lingua toscana, sino ad allora
incerte e non raccolte, per renderne più agevole l'apprendimento anche a
coloro che ne sono completamente ignari. La grammatica è minuziosamente
descrittiva, con un'esposizione sistematica, che la rende piuttosto chiara
e scorrevole. Nei Fondamenti
tuttavia 'l'osservazione acquista valore di legge' (Trabalza 1908: 126).
Interessi
specifici: Delle otto parti del discorso, il nome e il verbo sono
indiscutibilmente le principali, poiché 'giunti insieme ponno per se stessi
concludere una perfetta sententia, come Rinaldo scrive': è una
classificazione che, con elementi di novità, tiene conto della funzione
logica delle parti del discorso. Nuova, rispetto alle trattazioni grammaticali
precedenti, è anche la parte dedicata alle figure di stile.
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Innovazioni
terminologiche: La terminologia è quella usata in altre
trattazioni grammaticali sul volgare, ma l'autore manifesta una preferenza
per la terminologia volgare di derivazione latina, rifiutando di fare
ricorso a locuzioni e perifrasi per definire le parti del discorso, le
classificazioni e le categorie ad esse relative: 'mi piace di serbare i
nomi latini, et sono per serbargli anchora nel ragionar degli accidenti
d'esse parti, ovunque destro mi verrà con una voce sola al latino
accostandomi dir quello che con due et con tre volendo thoscanamente
parlare dir mi bisognerebbe, oltra che il finger ad ogni hora vocaboli
nuovi par che la scrittura molte volte renda oscura'. Corso fa notare,
infine, che i termini usati per designare le classi hanno un nesso con la
funzione che svolgono o la loro natura: ad esempio, a proposito della
congiunzione, scrive 'l'effetto suo dal nome si comprende' e a proposito
del verbo: 'Il nome suo della sua nobilità dà segno: con cio sia cosa, che
egli solo in particolare habbia quel nome, che l'altre parti hanno
generalmente chiara cosa è verbo esser quanto parola'.
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Corpus
di esempi: Molti gli esempi inventati, meno numerosi gli esempi
d'autore, che sono riportati con l'indicazione del nome dell'autore (Dante,
Boccaccio e soprattutto Petrarca) ma senza il titolo dell'opera.
Interesse
generale:
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Influenza
subita: Per le fonti e la concezione della grammatica, anche
se non per l'impianto, è un'opera che risente fortemente delle trattazioni
del Fortunio
e del Bembo.
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Influenza
esercitata: Riconosciuta come una delle principali grammatiche del
suo secolo (Osservationi 1562: 325-326), fu anche molto ‘imitata’:
al Dolce,
ad esempio, fu rimproverato dal Ruscelli
di averla praticamente ‘copiata’ nei contenuti.
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