La Grammatichetta

1529

 

Autore

Trissino, Gian Giorgio

Titolo

La Grammatichetta

Stampe

Prima edizione:

1529: La Grammatichetta. Stampata in Vicenza, per Tolomeo Ianiculo.

Biblioteca dell’Accademia della Crusca - Firenze (2 copie)

 

Edizioni  esaminate

1529 (prima edizione): stampata in Vicenza, per Tolomeo Ianiculo.

 

Sommario e contenuto dell’opera

L’opera si divide in otto capitoli articolati, rispettivamente, in paragrafi recanti a loro volta il titolo dell’argomento trattato: ‘De le lettere, De l’articolo, Del nome, Del verbo, Del participio, Del pronome, De la preposizione, De la congiunzione’.

De le lettere [comprende i paragrafi: De li accenti; De le parole. Si elencano le trentatré lettere dell’alfabeto, delle quali 28 sono dette ‘significative’ cioè ‘rappresentative de li elementi de la voce’. Di queste, sette sono le vocali, le rimanenti ventuno sono consonanti, tredici sono i dittonghi, uno il trittongo. Si propone anche una distinzione delle consonanti secondo il modo di articolazione in mute (tenui, mezzane, grasse), liquide e sibilanti] (pp. nn.);

 

De l’articolo [Comprende i paragrafi: Un’altro mascolino; Il feminino. Ha genere (maschile e femminile), caso (dritto, cioè nominativo, e cinque obliqui: genitivo, dativo, causativo, vocativo, ablativo) e numero (singolare e plurale). I nomi tuttavia sono ‘variati per questi casi solamente nel senso, e non ne la voce’, e per indicare i casi si usano le preposizioni] (pp. nn.);

 

Del nome [Con i paragrafi: Primo ordine; Secondo ordine; Terzo ordine; Quarto ordine; De li adjettivi overo epitheti; De i numerali; De i relativi et interrogativi; De i derivativi. I nomi si distinguono in ‘Sustantivi’, quando denotano la sostanza (‘propri’ se si tratta della sostanza prima o propria di ciascuna cosa, ‘appellativi’ se si tratta della seconda, comune), ‘adjettivi o epitheti’, quando indicano accidenti, ‘equivoci’ se denotano diverse cose sotto una voce sola, ‘univoci’ se ‘in diverse voci dinotano una cosa medesima’, ‘interrogativi’ se si usano per chiedere, ‘relativi’ per rispondere, ‘infiniti’ quelli che non determinano la persona, ‘numerali’ quando indicano il numero. I nomi hanno genere, numero, caso, specie (‘primitiva come è Dio, derivativa come è divino’), figura (‘simplice come è poggio, composta, com’è bel poggio’). Sulla base della terminazione, del genere e dell’uso dell’articolo si descrivono, in altrettanti paragrafi, cinque ordini di nomi] (pp. nn.);

 

Del verbo [Con i paragrafi: De le persone, numeri e figure; Repilogazione; De la prima congiugazione; De la seconda congiugazione; Declinazione di tempi, modi e persone; La attiva; Il tempo che ha avenire; Il tempo passato e non compito; Il tempo passato indeterminato; Il tempo passato di molto; Il presente del passivo; L’avenire; Il passato non compito; Il passato di poco; Il passato di molto; Il presente dell’attivo; Il passato non compito; Il passato indeterminato; Il presente dell’attivo; L’avenire; Il passato non compito; Il passato indeterminato; Il presente del verbo sustantivo; L’avenire; Il passato non compito; Il passato indeterminato; Il passato di poco; Il passato di molto; Il presente dell’altro verbo sustantivo; L’avenire; Il passato non compito; Il passato di poco; Il passato di molto; Del verbo impersonale; L’avenire; Il passato indeterminato; Il passato di poco; Il passato di molto; Di alcune diverse terminazioni de i verbi.

Viene proposta una distinzione per genere o significazione in verbi attivi, passivi e neutri (‘come è, vivo, dormo’), e per specie in verbi primitivi (es. ‘dormo’) e derivativi (es. ‘dormackio’). Si riconoscono i tempi ‘presente’, ‘avenire’, ‘passato non compito’, ‘passato indeterminato’, ‘passato di poco’, ‘passato di molto’. I modi sono ‘dimostrativo’, ‘comandativo’, ‘desiderativo’, ‘soggiuntivo’ (detto ‘soggiuntivo redditivo’ quando ‘rende la causa del dubbio’, es. ‘s’io fosse allegro canterei’), ‘infinito’. Le persone sono prima, seconda e terza; i numeri singolare e plurale; le figure ‘simplice’ e composta. Si distinguono tre coniugazioni] (pp. nn.);

 

Del participio [Comprende i paragrafi: Del participio del passato; Del participio del presente. Il participio si chiama così perché partecipa sia del verbo sia del nome. Ha significazione (attiva/passiva), tempo (presente/passato), genere (‘masculino’/ ‘feminino’), caso (nominativo, genitivo, ecc.), numero (‘singulare’/plurale), figura (‘simplice’/composta). Il participio “proprio” della lingua italiana è quello passato che ‘vien ad havere cinque potenzie, cioè la attiva, la passiva, e quella del passato, e del presente, e de l’avenire’] (pp. nn.);

 

Del pronome [Si distinguono i paragrafi: De i pronomi primitivi; De i pronomi de la terza persona che discernono genere; De i pronomi reciprochi; De i pronomi possessivi; De le particule pronominali. Secondo la voce si distingue in ‘primitivo’ (es. io, tu, sè) e ‘derivativo’ (es. mio, tuo, suo); secondo la significazione in dimostrativi, relativi, reciprochi, possessivi; secondo il genere in ‘masculini’ e ‘feminini’; secondo la persona in prima, seconda e terza; secondo la figura in semplice e composta, secondo il numero ‘come quelli dei nomi’] (pp. nn.);

 

De la preposizione [Come le congiunzioni, le preposizioni sono indeclinabili. Non hanno significato proprio, ma mutano la funzione del nome davanti al quale sono poste (es. ‘in mare’) o addirittura il significato (es. ‘in-certo’ = ‘non certo’). Se non è preposta a nome diventa avverbio; così differisce ‘che tanti affanni huom mai sotto la luna’ (si noti che questa citazione da Petrarca, Canz. 237.10 è l’unico esempio d’autore, anche se non dichiarato, usato dal Trissino nella Grammatichetta) con ‘tanto fece, che s’el messe sotto’. Si distinguono in primitive (es. ‘apò’) e derivative (es. ‘apresso’), simplici (es. ‘e’) e composte (es. ‘intrà’)] (pp. nn.);

 

De lo adverbio [Indeclinabile, l’avverbio si pone ‘appresso il verbo’ e ha la stessa funzione che hanno i nomi epiteti per i nomi appellativi: ‘come è homo bono, vive bene’. Alcuni sono primitivi (es. ‘si’), altri derivativi (es. ‘dottamente’); alcuni semplici (es. ‘mai’), altri composti (es. ‘sempremai’), altri da composti (es. ‘indottamente’). Pertanto hanno specie, figura, e significazione: si distinguono avverbi di ‘loco’, tempo, qualità, quantità, congregativi, discretivi, ordinativi, di similitudine, comparativi, superlativi, intensivi, remissivi, ‘affirmativi’, negativi, ‘prohibitivi’, ‘excettivi’, ‘iurativi’, ‘exhortativi’, desiderativi, dubitativi, interrogativi, dimostrativi, da ‘kiamare’, ‘dikiarativi’, ‘admirativi’, ‘indignativi’, di dolore, di ‘allegreza’, di timore. Trissino dichiara di aver voluto seguire i greci nell’includere gli ultimi cinque tipi fra gli avverbi anziché considerarli, come fecero i latini, interiezioni] (pp. nn.);

 

De la congiunzione [Parte indeclinabile dell’orazione, congiunge e dispone le altre parti e ‘ad esse vigore e ordine reca’. Ha figura ‘simplice’ (es. ‘che’) e composta (es. ‘ben chè’), e specie copulativa, continuativa, sottocontinuativa, aggiuntiva, causale, effettiva, ‘approbativa’, disgiuntiva, sottodisgiuntiva, discretiva, ‘adversativa’, ‘collettiva ovvero razionale’, dubitativa, completiva] (pp. nn.).

 

Apporto generale dell’opera

Obiettivo dell’autore e tipo di grammatica: Le finalità didattiche perseguite dal Trissino, sebbene non esplicitate dall’autore, traspaiono soprattutto dalla struttura schematica ed essenziale della trattazione che consiste in un elenco di forme inserite in uno schema classificatorio e corredate non da esempi d’autore ma da frasi coniate dallo stesso Trissino. Il modello di lingua proposto e descritto riflette la posizione ‘italianista’ dell’autore: forme della tradizione toscana coesistono con forme appartenenti alla lingua cortigiana e forme della koinè letteraria e cancelleresca (in Bonomi 1998a: 333 si citano alcune forme verbali, come ‘leggemo’, ‘sentimo’, ‘honoreria’ e ‘honoreressimo’).

 

Interessi specifici: Trissino mira a ribadire la propria riforma ortografica, già sostenuta del resto anche in opere precedenti, quali l'Epistola de le lettere nuovamente aggiunte ne la lingua italiana, pubblicata nel 1524. Per la definizione delle parti del discorso Trissino dichiara esplicitamente di rifarsi alla grammatica greca (in particolare) e latina. Per il legame, più volte dichiarato, tra ‘lingua’ e ‘sustanza delle cose e realtà’: il richiamo è ad Aristotele.

 

-          Innovazioni terminologiche. Trissino riprende dal modello di Prisciano la distinzione di otto parti del discorso (articolo, nome, verbo, participio, pronome, preposizione, congiunzione e avverbio, che comprende l'interezione). Nella categoria del nome sono compresi anche l’aggettivo, gli interrogativi, i relativi, gli infiniti, i numerali. La categoria dell’avverbio comprende anche l’interiezione. Consistente è l’uso di termini grammaticali di derivazione latina, con qualche innovazione per quanto riguarda il nome di tempi e modi verbali (es. ‘Passato di poco / di molto’) e (‘soggiuntivo redditivo’) (corrispondente al condizionale). Nella prima edizione del 1529 viene inoltre introdotto, forse per la prima volta (cfr. Trovato 1994: 81n) il termine di origine greca ‘apostrofo’ al posto di ‘accento’ o ‘rivolto’ e ‘rivorsato’ ancora usati in pieno Cinquecento.

 

-          Corpus di esempi. Le frasi esemplificative sono molto rare e create dallo stesso Trissino, con l’eccezione di una citazione da Petrarca (ma non riconosciuta come tale da Petrarca) contenuta nel capitolo dedicato alla Preposizione: ‘che tanti affanni huom mai sotto la luna’ (dal Canzoniere 237.10).

 

Interesse generale: La Grammatichetta offre l’esempio di quell’ideale di lingua comune italiana che si opponeva non solo alla linea di Bembo, destinata a prevalere, ma anche, tra gli altri, a quella fiorentinista di Alessandro de’ Pazzi e a quella toscanista di Claudio Tolomei. L’opera si inserisce in una serie di testi pubblicati dal Trissino nel volgere di pochi mesi a partire dal Castellano, uscito negli ultimi giorni del 1528, e stampati dallo stesso autore con i caratteri speciali greci sopra menzionati.

 

-          Influenza subita. Come dichiara lo stesso Trissino, forte è stata l’influenza esercitata dalla tradizione greca, alla quale si deve per esempio l’inserimento delle interiezioni nella categoria dell’avverbio. Notevole è poi l’influenza di Prisciano e Donato, specialmente per quanto riguarda la sistematicità della trattazione.

 

-          Influenza esercitata. Riferimenti alla riforma ortografica del Trissino si rintracciano già a partire dal XVI secolo, ma più rilevanti sono quelli relativi alla sua concezione italianista del volgare, così apertamente difesa in questa Grammatichetta. Ad essa si ricollegherà Marco Antonio Ateneo Carlino quando, nella sua La Grammatica volgar dell’Ateneo (Napoli, Giannes Stulbach, 1533) definirà il volgare ‘tersa lingua commune’. Si noti tuttavia che la Grammatica del Carlino comprende solo il ‘ragionamento del nome’, e si fonda sugli esempi d’autore, tra i quali Petrarca, e testi come l’Arcadia di Sannazzaro e gli Asolani di Bembo (Poggi Salani 1988: 777).

 

Nota bibliografica

Trabalza 1908; Vitale 1984: ad indicem; Trissino 1986; Poggi Salani 1988: 777; Lepschy 1990: 191-92 e passim; Maraschio 1993; Trovato 1994: 118; Bonomi 1998b; Maraschio 1998; Marazzini 1999: 51-65 e passim; Poggiogalli 1999: ad indicem.