L’opera e il suo sommario
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sommario. A’ giovani della
volgar lingua studiosi (cc. a2r-a6r); Sinonimi ed aggiunti italiani (pp.
1-253); Trattato de’ sinonimi, degli aggiunti, e delle similitudini (pp.
257-258): Capo primo. De’ sinonimi (pp. 259-276); Capo secondo. Degli
aggiunti (pp. 277-95); Capo terzo. Delle similitudini (pp. 296-327). Tavola
delle materie contenute ne’ capi del trattato (pp. 328-32); Lo stampatore
a’ lettori (p. 333).
l’opera. Come dichiara lo stesso
autore nella sua prefazione ai lettori, questo vocabolario dimostra una
certa autonomia rispetto al modello della Crusca e non propone “un libbro di
puro toscanesimo” (c. a3v), ma di termini “italiani”, come dice
eloquentemente il titolo. Interessa al Rabbi soprattutto il reale contesto
d’uso delle parole, vale a dire dei “Sinonimi e Aggiunti di tutte non già,
bensì, parmi poter dir veramente, della maggior parte delle voci comuni.
Dell’altre, qual perche usata di rado, qual perche, a così dire, povera
troppo, onde quì onorevolmente corredata comparir non potea, s’è
tralasciata” (c. a3r). Ma va anche osservato che poi la realtà dell’opera
non sempre è conforme agli intenti dichiarati; se il Rabbi scrive che
“ritroverete adequatamente,
antagonista, messe, massime, sollievo per ajuto”, perché consuete nel
parlato e anche in scrittori celebri, a un controllo non risultano a lemma
“sollievo” e “adequatamente”, mentre “massime” è solo nella serie
definitoria-sinonimica di “massimamente”. D’altra parte compaiono alcune
parole che Tassoni indicava nelle sue Postille
al Vocabolario della Crusca del 1612: “Scena. paese, o luogo finto sul
palco da’ comici. L. scena. Generalmente per luogo ove recitano i comici. L. theatrum. S. palco. teatro”.
Riguardo alla struttura dell’opera, il
“maggiore (per non dire: solo) precursore italiano settecentesco del
Tommaseo” (Serianni 1998: 48), che pure nella nuova edizione del suo
vocabolario dei sinonimi lo definì un “misfatto”, registra: le voci
sinonimiche, in serie prive di differenziazione semantica; i cosiddetti
aggiunti ovvero i determinanti (aggettivi o sintagmi) delle singole voci,
con indicazioni più o meno esplicite sulle reggenze e sugli usi
fraseologici; le similitudini, che offrono una raccolta di immagini di
ascendenza letteraria: “Zelo. cura dell’altrui e del proprio bene, ed
onore. L. zelus. Sin. amore.
premura. carità. gelosia. ardore. v. cura §. 1. amore §. 1. e 3. //
Agg. nuovo. ardente. vivo. puro. animoso. santo. sincero.
sensibile ad ogni offesa fatta all’amato. nulla di sè curante, ma solo di
colui che ama. sempre desto. verace. divoto. indiscreto. prudente. // Simil.
quale Sprone al cuore. Ferro rovente, che altrui arde. Fiamma, che non
sà star ferma. Razzo, che dove fiamma lo spigne, impetuoso vola. Rogo della
Fenice, che non incende, se non per dar vita. Mare, che ad ogni venticello
s’increspa. v. a amore, e a gelosia”.
L’opera si presenta, dunque, come una
serie di elenchi priva di commenti e distinzioni semantiche: una lacuna
perfettamente giustificata dai tempi e dall’assenza di qualunque impianto
teorico soggiacente al lavoro.
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