Le Tre fontane

1526

 

 

 

Autore

Liburnio, Niccolò

Titolo

Le Tre fontane

Stampe

Prima edizione:

1526: Le Tre fontane di messer Nicolo Liburnio in tre libbri diuise, sopra la grammatica, et eloquenza di Dante, Petrarcha, et Boccaccio ... Et ciascuno delli tre libbri ha nel fine un Vocabolario ... S’aggiunge ultimamente un Dialogo sopra certe lettere, ouer charatteri trouati per messer Giouan Giorgio Trissino. Stampata in Vinegia, per Gregorio de Gregorii.

 

Biblioteca dell’Accademia della Crusca - Firenze

Biblioteca di Lettere e filosofia – Firenze

 

Edizioni e ristampe:

 

1534 (seconda edizione): Le Tre fontane di messer Nicolo Liburnio in tre libbri diuise, sopra la grammatica, et eloquenza di Dante, Petrarcha et Boccaccio. Stampata in Vinegia, per Marchio Sessa.

 

Edizioni  esaminate

1526: prima edizione, in Vinegia, per Gregorio de Gregorii.

L’opera e il suo sommario

 

sommario. Dedicatoria a messer Marin Grimano di Aquilegia; La cagione della presente opera per messer Nicolo Liburnio composta (cc. 1r-2v); La qualità dell’opera, et la divisione per lo medesmo Messer Nicolo Liburnio (cc. 2v-4r); Il Primo Libro comincia (cc. 4v-32v); Nel secondo libbro delle cose volgari di Messer Francesco Petrarcha (cc. 33r-43r); Nel Terzo Libbro delle Tre fontane di Messer Nicolo Liburnio [contiene anche:] Ragioni alcune utili alla cognitione delli nomi (cc. 45v-69r); A gli lettori, Nicolo Liburnio (cc. 69r-69v); Dialogo di Messer Nicolo Liburnio sopra le lettere del Trissino nuovamente imaginate nelle cose della lingua italiana (cc. 69v-73v).

 

l’opera. È il primo vocabolario italiano compilato sul modello delle Tre Corone, lette comunque con autonomia, tralasciando soprattutto alcune voci di Dante e Boccaccio e termini considerati desueti. L’autore si rivolge: “à que candidi ingegni; che in verso et in prosa thoscamente, cioè con eleganza, et splendidamente disiano scrivere” (c. 46r), ma anche, con inedita attenzione alla dimensione orale, vogliano “politamente parlare” (c. 3v). Dopo la dedicatoria e l’esposizione della finalità e qualità dell’opera, il Liburnio divide il glossario, in realtà un “formario antologico” (Poggi Salani 1982: 267), in tre libri, dedicati rispettivamente a Dante, Petrarca e Boccaccio, quindi anche con la ripetizione di lemmi in ognuna delle tre sezioni. Ogni libro è diviso secondo le parti del discorso e per ogni voce è dato il rinvio al luogo dell’autore citato e, talvolta, anche una glossa esplicativa. È in queste definizioni che emerge la lingua dei tempi e dell’uso del Liburnio, determinando una sorta di bilinguismo tra lingua dei lemmi e lingua del lessicografo - quella delle glosse e delle parti discorsive - con aperture ai forestierismi (per esempio lo spagnolo “chero”) e soprattutto ai venetismi nelle glosse (“Raviuoli, cioè cascioncelli”; “Rena, cioè sabbione”, “Mondiglia, cioè caìa”). Le definizioni, occasionali, mentre costanti sono i riferimenti ai luoghi letterari, sono talora poco accurate (“Sbadigliava, cioè apriva la bocca”; “Stropicciavasi gli occhi, cioè chiudevasi”; “Sogghignando, cioè sorridendo”).

   L’opera si correda di indicazioni di ortografia (come l’uso di -i per i plurali di nomi in -io anziché -ii), di pronuncia e soprattutto di grammatica (il Liburnio, ad esempio, prescrive l’impiego di lo dopo per e messer e condanna loro al nominativo) e si conclude con un singolare dialogo ambientato nell’Inferno sulla proposta del Trissino di un’aggiunta di lettere all’alfabeto.

 

Nota bibliografica

Olivieri 1942: 93-97; Dionisotti 1967a: 25-46; Poggi Salani 1982: 266-68; Vitale 1984: 55-56; Della Valle 1993: 31-33.