Dedicatoria ALL’ ILLUSTRISSIMO
ED ECCELLENTISS. SIGNORE IL SIGNOR CONCINO CONCINI DE’ CONTI DELLA PENNA
MARCHESE D’ ANCHRE, CONSIGLIER DI STATO, Primo gentil’
huomo della Camera del Re Cristianissimo, GOVERNATOR
DI PERONA, ROYE, E MONDIDIR, e della Città,
e Cittadella d’ Amiens, e Luogotenente generale di S. M. in Piccardia. LA nobiltà, Illustriss. ed Eccellentiss.
Sig. mio, pare, che, di sua natura, sempre stimoli ad ogni operazion
virtuosa, ma a quelle massimamente, che sentono del magnanimo, sì come
alla gratitudine. Cotale effetto ha ella operato sempre, in sì fatta
guisa, negli Accademici della Crusca, che, in qualunque opportunità
offertasi loro, non hanno lasciato mai di mostrarsi amatori d’ ogni
virtù, e di essa gratitudine spezialmente, in tanto che non pure in
verso degli altri, ma eziandio intra lor medesimi, si son compiaciuti
d’ esercitarla. Di questa parte poteva io, per l’ addietro, far di loro
al par d’ ogni altro, ampia fede, che, dal nascimento dell’ Accademia,
fino a oggi, mi sono impiegato in essa nell’ Uficio di Segretario: ma
ora, per la dimostrazion fattami novellamente da essi, in pubblicando
alla stampa il loro Vocabolario, di gran lunga mi se n’ accresce la
facultà. Sappiendo eglino adunque, che alle fatiche duratevi da me,
insieme con esso loro, come Accademico, ci s’ erano aggiunte le proprie,
e particolari del mio uficio, per un certo riconoscimento di quelle,
m’ hanno fatto della dedicazion di esso Vocabolario libero dono. Stimando
io per tanto, questo favor sopra ogni altro, mi premeva anche sì fattamente
l’ esserne, e l dimostrarmene grato, che mi cadde in pensiero di ritornarlo
interamente, d’ ond’ egli usciva, dedicandolo all’ Accademia. Accortomi
poi, ch’ e’ potrebbe parer più tosto rifiuto, o poco apprezzamento del
dono, che gratitudine, in quella vece mi proposi di rivolgerlo in qualcuno
degli Accademici, avvisandomi, che dell’ affetto, ch’ io dimostrassi
verso alcuno principal membro del loro nobilissimo corpo, se n’ appagherebbono
tutti gli altri. E mentre io andava pensando, che per ciò mi bisognava
elegger persona, che a tutti gli Accademici fosse grata, che volentier
l’ accettasse, e avesse potere, e volontà di protegerlo, immantinente
fermai l’ animo in V. E. Illustriss. avendo io, quasi alla prima occhiata,
ravvisate in lei tutte queste parti. Perchè essendo ella, non pur gentil’
huomo della lor Patria, e loro Accademico, ma di sì rare,
e ottime qualità, e di tanta prontezza di volontà verso l’ Accademia,
poteva io assicurarmi, che di cotale elezione tutti concordevolmente
resterebbono appagatissimi. Appresso non mi lasciava la sua generosità
cagion veruna di dubitare, ch’ ella non fosse per accettar gratamente
la dedicazion di questa opera, offertale con puro affetto, nata, cresciuta,
e perfezionata in Firenze, parto dell’ Accademia, che ha per fine l’
universal benificio, e la gloria, e l’ eternità del nostro idioma. Oltr’
a ciò l’ affetto suo verso questa Patria, verso l’ Accademia, il zelo
del pubblico benificio, e l pregio, che ella, come amator delle belle
lettere, fa di questo nobil linguaggio. Ultimamente della volontà del
protegerla me ne rendevan certo le sopraddette ragioni. La sua presente
grandezza m’assicurava, che ella potrebbe farlo per tutto a sufficienza,
ma principalmente in cotesto nobilissimo Regno di Francia, dove il valore,
e la virtù di V. E. Illustriss. ( maggiormente illustrando la prerogativa,
durata già gran tempo nella sua stirpe di produrre huomini confidenti
di Principi, e atti a servirgli in maneggi di grande affare ) s’ impiega
in servigio di potentissimi Re. E sì come, ell’ è dalla lor prudenza
ogni giorno più conosciuta, e con più frequenza, e confidenza adoprata,
così anche è guiderdonata dalla lor magnanimità con magnificenza più
che reale, e con accrescimenti continui d’ autorità, e di riputazione
illustrata. Persuaso io adunque da così gagliarde ragioni, ho voluto
tirare a fine questo mio lodevol proponimento, sperando certo, che,
e dalla parte degli Accademici, e dalla sua, n’ abbia a sortire, in
tutto, e per tutto, quel fine, che da me si desidera, e che dagli altri
si può pretendere. Di ciò prego io V. E. Illustriss. con tutto l cuore,
mosso più da disiderio ardentissimo, ch’ io ne tengo, che da bisogno,
ch’ io ne conosca, e, faccendole reverenza, le prego da Dio suprema
felicità. Di Venezia di 2. di Gennaio 1612. Di V. E. Illustriss. Devotiss.
Servidore. Bastiano de’ Rossi cognominato l’
Inferigno Segretario; e Accademico
della Crusca. Prefazione A’ LETTORI. TUTTO quel, che virtuosamente s’
adopera, per lo comun beneficio, e a favore di cose gradite dal Mondo,
e tenute in pregio, suole arrecar sempre, a quei, che lo ‘mprendono,
pubblica lode, e universal gratitudine: lequali cose, di qualunque eccellente
operazione, e più degna, debbon riputarsi pienissima ricompensa. Quindi
è, che vedendo noi, per manifesti argomenti, salire ogni giorno in più
stima la nostra lingua, e col numero degli studiosi di quella, sì dentro,
come fuora d’ Italia, crescere insieme la vaghezza di conoscer le sue
bellezze; giudicammo non dovere esser senza lode, ne senza grado, la
fatica, e lo studio, che a prò di quella fosse impiegato. Cotale opinione
mosse in tutti noi disiderio grandissimo di giovarle, dal quale nacque
appresso il proponimento di compilare il presente Vocabolario. Parve
questa la più alta, e vera maniera, frà tutte l’ altre, di benificare
questo idioma; mentrechè non pure, mercè delle voci, che per entro ci
si raccolgono, ma delle dichiarazioni, che l’ accompagnano, e del novero,
e gentilezza degli esempli, de’ più stimati scrittori, con agevolezza
e diletto viene ad acquistarsene perfetta la cognizione Per questa guisa,
oltre a ciò, viene ella assicurata, quanto è possibile, da quei pregiudici,
e da que’ pericoli, a’ quali i molti accidenti, portati necessariamente
dal tempo, fanno suggetti tutti i linguaggi: avendo mostrato la sperienza,
che eglino, o in tutto od in parte, si perdono, o s’ infettano, e si
corrompono. De’ quali pregiudici già cominciava la nostra lingua a sentirne
parte, ed era in procinto di maggiormente sentirgli, essendo venuti,
e venendo tuttavia meno libri manuscritti di buoni autori, ne’ quali
una grande, e forse la miglior parte di voci, e di locuzioni, si conservava.
Conoscemmo, che quanto più esquisita, e compiuta fosse stata quest’
opera, tanto sarebbe maggiore il beneficio comune, e la nostra lode,
però a questo principalmente avemmo la nostra mira, e sperammo, e tentammo
di conseguirlo. Accorgemmoci poscia, che la grandezza, e varietà dell’
opera malagevolissimamente lo consentiva, abbracciando ella almeno,
in qualche maniera, tutto ciò di che gli huomini hanno notizia. Perciò
non era quasi possibile avvertire, e conoscer, di primo tratto, quanto
alla perfezion di essa facea mestiere, e, conosciutolo, nel progresso
del compilarla, non si poteva, senza inestimabil fatica, e lunghezza
di tempo, porre ad effetto. Nondimeno, non ostante la diffidenza, che
ci davan tante difficultà, di potere, secondo nostra intenzione, perfezionar
questa impresa, abbiamo amato meglio tirarla avanti, che tralasciarla,
perchè confidiamo, che ella, ancorchè non del tutto perfetta, sia, con
tutto ciò, per giovare alla nostra lingua, e soddisfare a chi l’ ama.
Crediamo altresì, che tutti i discreti, e pratichi in simiglianti materie,
dalla qualità di questo volume, e condizione di chi l’ hà fatto, agevolmente
argomenteranno la necessità che egli ha havuto della lunghezza del tempo,
e dello ntervento di molti Accademici, e del surrogarne al servigio
di esso vicendevolmente de’ nuovi, in luogo degl’ impediti, e de’ trapassati.
Conosceranno parimente la varietà grande e moltitudine delle cose, lontanissime
l’ una dall’ altra, e quanto sia pericoloso il fallire, nel dare la
difinizione o descrizione di esse, e nel dichiarare i molti significati
d’ una medesima voce, i quali hanno tal volta differenza tanto insensibile,
che a pena si posson trovar vocaboli, o concetti, per distinguergli,
e dichiarargli, e, senza offesa della proprietà del linguaggio, non si potevan tacere,
o lasciare indietro. Abbiamo adunque certa speranza, che non debba esser
loro cagione di maraviglia, ne occasione di darci biasimo, il nostro
indugio nel finire, e nel pubblicar questo libro, e il non avere in
ogni parte, e in ogni minuzia, sempre eseguito quanto da noi sarebbe
suto desiderato, ed era fermo sin da principio. Danno ben tutte queste
difficultà, occasione a noi, e cagione di dubitare di non aver conseguito,
fin’ ora, compiutamente lo ntento nostro, ma non ce ne tolgon già la
speranza, mentrechè, da qui avanti, potrà ciascuno, con maggior comodità,
farci sopra maggiore studio, e massimamente se degli errori, e imperfezioni,
che per entro al nostro Vocabolario rimaste fossero, in qualunque lodata
maniera, saremo fatti avvertiti. Di questo, con tutto l’ affetto, indifferentemente
preghiamo ogni uno, parendoci, che, per trattar d’ ogni cosa, ciascuno
possa esserne giudice competente, promettendone obbligo, e gratitudine
dovuta a singolar benificio. Nel compilare
il presente Vocabolario ( col parere dell’ Illustrissimo Cardinal Bembo,
de’ Deputati alla correzion del Boccaccio dell’ anno 1573. e ultimamente
del Cavalier Lionardo Salviati ) abbiamo stimato necessario di ricorrere
all’ autorità di quegli scrittori, che vissero, quando questo idioma
principalmente fiorì, che fù da’ tempi di Dante, o ver poco prima, sino
ad alcuni anni, dopo la morte del Boccaccio. Il qual tempo, raccolto
in una somma di tutto un secolo, potremo dir, che sia dall’ anno del
Signore 1300. al 1400. poco più, o poco meno: perchè, secondo che ottimamente
discorre il Salviati, gli scrittori, dal 1300 indietro, si possono stimare,
in molte parti della lor lingua, soverchio antichi, e quei dal 1400.
avanti, corruppero non piccola parte della purità del favellare di quel
buon secolo. Laonde potendo noi tener sicuramente la lingua degli autori
di quell’ età, per la più regolata e migliore, abbiam raccolto le voci
di tutti i lor libri, che abbiam potuto aver nelle mani, assicuratici
prima, che, se non tutti, almeno la maggior parte di essi, ò fossero
scrittor Fiorentini, o avessero adoprato, nelle scritture loro, vocaboli
e maniere di parlare di questa Patria. Con la diligenza usata da noi,
c’ è venuto fatto trovarne molti, ancorchè maggiore sia stato il numero
degli Autori, che la grandezza de’ loro componimenti. Ci è bisognato
servirci di molti volgarizzamenti, e traslatamenti d’ opere altrui,
tratti parte dal Latino, e parte dal Provenzale, e recati da’ nostrali
autori, di quel secol buono, in questo linguaggio. Alcuni de’ quali,
per non esser ( per dir così ) nostre naturali piante, son da noi tenuti
di minor pregio. Alcuni altri ( benchè pochissimi ) i quali potrebbe
parere altrui, che ritengano, in qualche cosa, un po’ dell’ antico,
a molte delle lor voci, abbiamo usato di dire, voce antica. Non s’ è già osservato questo
universalmente: perchè abbiam voluto lasciar libero alla discrezione,
e considerazion del lettore, usarle a suo luogo, e tempo, e intanto,
per la ntelligenza di tali autori, c’ è paruto di dichiararle. Nel raccoglier
le voci degli scrittori, da alcuni de’ più famosi, e ricevuti comunemente
da tutti, per esser l’ opere loro alle stampe, che si potrebbon dir
della prima classe, i quali sono Dante, Boccaccio, Petrarca, Giovan
Villani, e simili, abbiamo tolto indifferentemente tutte le voci, e,
per lo più, postavi la loro autorità nell’ esemplo. Dagli altri men
conosciuti, benchè di non dissimil finezza, quelle solamente, non trovate
ne’ sopraddetti, come quelli, che non ebbero opportunità di dire ogni
cosa. Degli scrittori,
i quali, in molte lor parole, par che sentan del troppo antico, n’ abbiamo
lasciate alcune, come straniere, e uniche, per avventura, d’ alcun di
loro: alcun’ altre n’ abbiam raccolte, non già, come uguali di bontà
a quelle de’ migliori, ma, come riconosciute da noi dal riscontro di
più scritture, per usate in que’ tempi. Queste, oltre alla dichiarazion
di quegli autori, come dicemmo, potranno servire per dar notizia delle
maniere de’ tempi loro, e usate a proposito, e con riguardo, non mancheranno
eziandio, per nostro avviso, di gentilezza. Da alcuni
altri scrittori, che forestieri più tosto ci sembrano, che nostrali,
abbiamo cavate sol
quelle voci, giudicate da noi belle, significanti, e dell’ uso nostro,
non curando dell’ altre, lequali, anzi straniere, che Fiorentine, potrebbon
dar più confusion, che bellezza a questa favella. Ne’ libri
volgarizzati, per la poca intelligenza, in que’ tempi, del latino idioma,
sono molti e diversi errori, non tanto per essersi lasciato il volgarizzatore
tirare a molte voci, e locuzioni di quella lingua, quanto per essersi
discostato non poche volte dal sentimento più vero del latino scrittore:
però non è da far capitale di lor sentenzia, ma solo dell’ opera della
lingua, quando hanno puramente parlato in questa favella. Quando eglino
hanno fallato, nel prendere il vero sentimento dell’ autor latino, abbiamo
nondimeno raccolti, e dichiarati i loro vocaboli, secondo che e’ vagliono
nel nostr’ uso, e non secondoche avrebbero a intendersi per dichiarazion
dell’ autore volgarizzato, non parendoci, che i manifesti errori degli
altri abbiano da alterare le regole e l’ uso di questa lingua. Per cotal
rispetto molte volte, dopo la vera dichiarazione d’ alcuna di queste
voci, abbiamo soggiunto, per avvertirlo [ Qui vale, o qui significa
ec. ] De’ libri
stampati correttamente sono citati gli esempli insieme co’ lor libri,
capitoli, numeri, e carte, o altre simiglianti notizie, conforme a che
si dirà per ciascuno in particolare nella tavola dell’ abbreviature.
Degli scritti a penna, o vero stampati scorrettamente, è citato l’ autore,
o il nome del libro, con qualche contrassegno tal’ ora del nome del
padron d’ esso, perchè non si poteva dar lor molto buona regola, ne
meno da’ lettori potevano essere adoperati, ritrovandosi in potere solamente
de’ lor padroni. De’ quali nondimeno si proccurerà ( dio concedente
) di mandarne tuttavia qualcheduno in luce. Deesi parimente
avvertire, che oltre alle voci ritrovate negli autori di quel buon secolo,
n’ abbiamo nell’ uso moltissime altre, delle quali forse non venne in
taglio a quegli scrittor di servirsi, però parendoci bene darne notizia,
per non impoverirne la nostra lingua, n’ abbiam registrate alcune, e,
per loro confermazione, abbiam tal’ ora usato l’ esemplo d’ alcuni autori
moderni, tenuti da noi per migliori, de’ quali, a suo luogo, sarà la
nota. Ne abbiamo sfuggito citargli anche dove la parola d’ autore antico
sia stata scarsa d’ esempli, o quando l’ esemplo moderno abbia più assai
vivamente espresso la forza di tal parola, o sia usata in quello in
vario significato. Intorno all’
autorità, e qualità di ciascun libro, o autore, stimiamo cosa assai
più lodevole rimettercene a quanto in parte n’ hanno detto altri prima
di noi, che volerci fare arbitri di causa così importante: perciò per
ora ci riferiamo a quello, che ne scrissero Monsig. Bembo nelle sue
Prose, i Deputati sopra la correzion del Boccaccio dell’ anno 1573.
nel proemio dell’ Annotazioni sopra il Decamerone, e il Cavalier Lionardo
Salviati negli Avvertimenti della lingua Volume primo, lib. 2. cap.
12. E nella tavola de’ titoli de’ libri del miglior secolo, al principio
del volume 2. da’ quali potrà il lettore cavar la regola, e lo ntendimento
delle qualità di questi nostri allegati autori. E benchè noi n’ abbiamo
spogliati alcuni, non posti dal Cavalier Salviati nel suo catalogo,
si potrà nondimeno, all’ avvenante di quegli, andar giudicando parimente
di questi, tra i quali ci hà niuna, o pochissima differenza. Le voci estratte
da gli Autori del secol buono, sopra delle quali è fondata principalmente
quest’ opera, son confermate con uno, o più esempli di detti Autori,
e, dove s’ è potuto, s’ è tolto sempre esemplo di poeta, e di prosatore. Del citare
gli Autori non s’ è osservato ogni volta di metter nel primo luogo il
più nobile, o l più autorevole, ma spesse fiate il più acconcio alla
dichiarazion della voce. Non s’ è dato
giudicio quali sien le voci del verso, e quali sien della prosa, se
non di rado: stimando potersi ciò lasciare alla discrezione altrui,
e all’ uso, arbitro di simil cose. I nomi propri
delle Provincie, Città, Fiumi, ec. come ancora de’ loro derivativi,
parendo da principio, che non insegnassero pi lingua, che tanto, si
sono, per brevità, tralasciati. Quelle parole,
delle quali non abbiamo trovato esemplo d’ Autori del buon secolo l’
abbiam, per lo più, dichiarate
nel fine del discorso di qualche voce d’ autore di detto secolo, con
la quale elle abbiano qualche convenienza, o similitudine; si conosceranno
per tali dall’ essere senza esemplo, o con esemplo d’ autore, come alla
voce maneggiare sarà posto rimaneggiare, e a maneggiare, maneggio, ec. Queste medesime
voci, per comodità del lettore, saranno cavate fuori all’ ordine loro
dell’ alfabeto, perchè quindi il proprio luogo s’ apprenda della loro
dichiarazione, come alla voce maneggio
è detto, vedi maneggiare. De’ Proverbi
di questa lingua s’ è proccurato di raccoglierne buona parte, e principalmente
i significanti, e di qualche grazia, così nelle cose gravi, come burlesche.
Lo stesso abbiam fatto delle maniere del favellare, e detti proverbiali,
li quali appo di noi son di molte guise. E perchè intorno a queste non
si poteva sempre far quel discorso, che per pieno intendimento di loro
derivazioni e origini, sarebbe stato bisogno, abbiamo citato il Flos
Italicae linguae Angeli Monosinij, dove il lettore, volendo, potrà ricorrere. Non è stata
nostra intenzione di fare scelta di vocaboli dispersè, ma di raccorre,
e dichiarare universalmente, le voci, e maniere di questa lingua: però
non abbiamo sfuggito di metterci le parole, o modi bassi e plebei, giudicandogli
noi necessari alla perfezione di essa, per comodità di chiunque volesse
usargli nelle scritture, che gli comportano. Di queste tali maniere
abbiam proccurato d’ elegger quelle di miglior lega, proprie, e significanti,
e, per distinguerle, abbiamo detto molte volte, voce bassa: modo basso,
ec. come nella voce accoccare
e nella voce putta. Le parole
pure latine, usate tal volta, benchè di rado, da’ nostri Autori, si
troverranno contrassegnate, con dire, voce latina: come alla voce cloaca. Per manifestare
il più che potessimo la forza delle parole, abbiam proccurato, per quanto
è stato possibile, d’ addurre la difinizion della cosa, che si dichiara,
prendendo però il nome di difinizione larghissimamente, e come comprendente
sotto di se la descrizione, e dichiarazione. Però non sono tal’ ora
tanto filosofiche, e proprie, quanto si converrebbe a perfettamente
trattarne, e per professione: e di queste alcune dagli esempli stessi
degli Autori, ci sono state somministrate. Troverrannosi
alcune voci non dichiarate, ma però avranno sempre la difinizione, o
dichiarazion propria nel primo esemplo, come alla voce curiosità, liberalità, ec.
E, quando il primo esemplo è di Dante, la dichiarazione si troverrà
nell’ esemplo appresso, che sarà de’ comentatori: come alla voce baleno, leppo, ec. Quando una
parola ha molti significati differenti notabilmente, gli abbiamo distinti
con differente dichiarazione. Quando la varietà è poca, ma ricerca pur
qualche distinzione, per brevità, e maggior chiarezza, e per non si
poter comprendere sotto regola generale, gli abbiamo dichiarati con
la parola, cioè, posta a piè dell’ esemplo, dove è
la voce, come nella voce cura.
Del medesimo, cioè, ci siamo
serviti eziandio sotto quegli esempli, ne’ quali, per aver la voce significazion
poco usata, ha bisogno di maggiore appalesamento, come nella voce curro, dottrinare, ec. Tal’ ora, quando i significati tra di loro poco divariano,
sono immediatamente l’ un dopo l’ altro, nella prima dichiarazione:
lasciando all’ avviso del lettore l’ applicargli a’ loro esempli, come
nella voce gente, gentile, gherone, ec. Dove l’ autor
dell’ esemplo tal volta s’ è allontanato dal proprio significato della
parola ( ilche nelle traduzioni è più, che in altro accaduto ) abbiamo
dichiarata la voce nella sua propria, e vera significanza, ma, per dichiarazion
di quell’ autore, si è appresso soggiunto [ qui vale ] o altro contrassegno,
come alla voce abrostine,
abuso, accettatore, ec. Quando non
abbiam trovato esemplo d’ alcuna voce, se non in senso metaforico, abbiamo
usate parole, che prima la dimostrano nel suo proprio, e vi s’ è appresso
soggiunto [ qui è metafora ] come alla
voce accecamento, abbaiatore, laniare, ec. A qualche
vocabolo di molti e molti significati, tal volta non gli se n’ è assegnato
alcun generale, o per non essersi trovato sì universal, che tutti gli
abbracci, come suo genere, o per non potersi discernere qual sia veramente
il più generale, e più proprio, come alla voce levato
Avere. Bene spesso,
per dichiarare un vocabolo, abbiamo usati sinonimi, scegliendo i più
simiglianti, o di più vicino significato: ma non intendiamo per ciò,
che tutti vaglian sempre lo stesso, ne ch’ e’ si debbano pigliare per
lo medesimo, o usar nello stesso modo, ne con la medesima costruzione
d’ aggiunti, di verbi, di nomi, o preposizioni. I Proverbi,
locuzioni, e maniere di favellare, si troverranno, per lo più, sotto
i verbi, da’ quali traggon l’ origine, come molte ne sono al verbo menare, imbiancare, ec.
ma tal volta, per esserci venuto meglio in acconcio, saranno sotto alcuni
nomi, come sotto a orcio,
gatta, cuore, ec. E alcuna volta accadrà ritrovarsi in amendue i luoghi. Gli avverbi
composti di più parole son dichiarati, il più delle volte, nel discorso
della parola più principale, come A
modo sotto la voce modo:
A martello sotto la voce martello: e all’ ordine dell’ Abbiccì sarà
tratto fuori A modo vedi modo, A martello, vedi martello,
ec. Ne saranno ancora dichiarati alcuni da per loro, come A distesa A storia. Alcuni
altri si ritroverranno in tutti e due i luoghi. Le voci, o
guise di parlare non significanti, se non con l’ accompagnatura del
verbo, son dichiarate insieme con essa, come nella voce A braccia, A campo s’ è
dichiarato. Portare a braccia,
mettersi a campo, ec. I participi
son collocati sotto i lor verbi, e alle volte son tratti fuori, come
parola da per se, quando è paruto, che eglino, più del nome participin,
che del verbo. Simigliantemente Esser
palese, Esser lontano, Esser presente e simili, son messi come locuzioni, sotto gli addiettivi
di quelle. Alcune voci,
che in significato son le medesime, ma solamente diversificate per sincopa,
o per semplice scambiamento d’ una lettera sola: come opera, opra, e ovra: sopra, e sovra: desiderio, e disiderio: coltura, e cultura: si troverranno
dichiarate alla più comune: come a opera, sopra, disiderio, ec. benchè, per lo più, sieno
cavate fuori, secondo l’ ordine dell’ Abbiccì. Ad alcune
voci totalmente simili, ma differenti nella pronunzia, e nel significato,
s’ è detto, pronunziata con E largo, con O stretto, con S sottile, con
Z aspro, ec. per mostrare, che, profferite diversamente, variano il
significato: come nella voce Rocca
e altri. Il masculino,
e femminino differente solo nella desinenza dell’ A, o dell’ 0, si è
collocato, per lo più, sotto la medesima voce, tratto fuori il masculino:
come Discepolo, discepola, ec. Tutti i verbi
son tirati fuora con l’ infinito all’ attiva, con la terminazione in
Re. L’ attivo, e l passivo si sono messi
mescolatamente: ma passando a neutro assoluto, o a neutro passivo, si
è sempre fatto segno di cotal distinzione, come nella voce abbassare, crescere, ec. e in questo caso si sono usati i termini de’ gramatici
latini, per agevolezza del leggitore. Addiettivo,
e sustantivo s’ è detto, quando c’ è paruto necessario, o per agevolezza,
o per distinzione, o anche per fuggir l’ equivoco, come alla voce cupo. Tutti gl’
Infiniti de’ nostri verbi, con l’ articolo avanti, prendon forza di
sustantivi, nondimeno non gli abbiamo tratti fuori, come voci distinte,
ma lasciatigli star co’ lor verbi: eccetto quelli però, de’ quali abbiamo
avuto esemplo, o che sono posti nel numero del più: come alla voce andare,
abbracciare, baciare, dire, ec. Perchè i termini,
e strumenti delle professioni e dell’ arti, non sono del comune uso,
e solamente noti a’ lor professori, non ci siamo obbligati a cavargli
tutti. Quegli, che ci è occorso raccorre, saranno dichiarati quanto
pertiene alla voce; e il nome di strumento s’ è detto solo al fattivo,
come ago, fuso,
e simili. De’ nomi,
e de’ verbi s’ è le più volte dichiarato nel primo luogo il senso più
proprio, e dipoi il traslato, o men proprio, per metafora, o per similitudine,
ec. Come alla voce cavalcare.
Ma quando è metaforico il concetto intero, e non la parola, abbiamo
dichiarata la voce nel proprio significato: come alla voce laccio. Le regole
date una volta intorno a voci, o a locuzioni, servono per sempre nelle
cose medesime, o simiglianti: come alla voce abbondo,
a brano a brano, abbracciare sust. ec. La lingua
Greca si è messa alla voce, quando ell’ opera, o per esser conforme
alla nostra, o almeno per accrescer le dichiarazioni. Le voci e
locuzioni latine sono a tutte le parole, e modi di dire, fuorchè dove,
pareva che non si potessero circoscrivere acconciamente, non s’ avendo
avute le voci proprie. Dove son mancate
le voci latine di scrittori della prima classe, abbiamo adoperate quelle
d’ autori più bassi, e queste saranno, per la maggior parte, accennate,
o contrassegnate. Quando alle
voci dichiarate per uno, o per più sinonimi, manca la voce latina corrispondente,
si troverrà a uno di tali sinonimi, dove ancora si dee cercare della
dichiarazion della voce. Ne’ puri termini,
non ci siamo guardati d’ usar parole de’ professor di quella scienza,
o vero arte, ancorchè non pure latine. E nelle parole attenenti a religione,
ci siam serviti delle latine degli Autor sacri. Come alla voce contrizione, e così circa a’ nomi dell’
erbe, piante, ec. ci siamo confermati co’ più autorevoli semplicisti:
come alla voce cuscota, ec. Proverbi,
o detti proverbiali latini o Greci, che corrispondono a’ nostri, o che
gli dichiarano, si son, per lo più, messi. Quando abbiamo
conosciuto, che alcuna voce latina, o greca abbia dato origine a qualche
nostro vocabolo, ce ne siamo serviti, ancorchè d’ autori più bassi:
e per vedere l’ Autore o l discorso fattovi sopra, si è citato detto
Autore, o il sopraddetto Flos Italicae linguae: dichiarando però, che
dell’ origini, che son comunissime, non s’ è fatto menzione alcuna. Nelle voci
latine, e Greche abbiamo inteso principalmente all’ agevolezza, per
l’ intelligenza della nostra lingua, e non all’ esquisitezza di quelle. Quanto a regole,
precetti, o minuzie gramaticali, non essendo questo luogo da doverne
trattare, ex professo, ce ne rimettiamo a quello, che n’ ha scritto
il Cavalier Lionardo Salviati, il quale, talvolta abbiamo citato ne’
suoi Avvertimenti della lingua: Come nella voce accento.
E il medesimo dicesi delle particelle, segni de’ casi, e di simiglianti. Nell’ ortografia
abbiam seguitato quasi del tutto quella del sopraddetto Salviati, parendoci
di presente non ci avere, chi n’ abbia più fondatamente discorso. Per neutri,
o di significazion neutrale, intendiam que’ verbi, che dopo di se non
hanno il quarto caso, come paziente. E, quando s’ è detto neutro passivo,
s’ intenda, che cotal verbo, nel descritto significato, necessariamente
si costruisce nel numero del meno, con le particelle mi,
ti, si. E con quest’ altre ci,
vi, si nel numero del più: come per esemplo. Il verbo adirare, nel suo più comune significato,
non può usarsi se non con una di tali particelle allato, o poco lontana:
dicendosi adirarsi io m’ adiro tu t’ adirri, tu ti vuoi adirare, quegli s’ adirerà, noi non doviamo
adirarci, voi v’ adirate,
quegli adirerannosi, o s’ adireranno, e così negli altri luoghi
di detto verbo, e de’ suoi simiglianti: come avvedersi, accorgersi, vergognarsi, peritarsi, ec. Tra le facultadi,
che ha conceduto l’ uso a questo linguaggio ci è quella del poter formar
dalle voci il superlativo, il diminutivo, l’ accrescitivo, il peggiorativo,
vezzeggiativo, avvilitivo, verbale, il participio, e altri: della proprietà
e conformità delle quali parti, con l’ altre due lingue, vedi più distesamente
nel Flos Ital. linguae. lib. 2. come per esemplo, da salvatico ne può venire salvatichissimo,
salvatichino, e salvatichetto, e salvaticuccio,
o salvaticuzzo, salvaticone, salvaticotto,
salvaticaccio, e salvaticonaccio. E da Tristo,
oltre a sopraddetti, ne viene Tristerello,
e Tristanzuolo, e da Ribaldo, Ribaldello. E dal verbo Testare
si forma Testatore, e da sollazzare sollazzatore, e da fare
faccente, facitore, fazione, fattura, facimento, faccenda e molte
altre simili a queste: le quali voci derivate ne’ detti modi, non si
troverranno così tutte per avventura nel nostro Vocabolario. Ma non
per questo dee avver credenza il lettore, che noi n’ abbiamo diffalta.
Ma è ben da avvertir sopra queste, che non comporta l’ uso di questa
lingua, ch’ elle si formin tutte ad un modo, e secondo una medesima
proporzione. Imperciocchè non igualmente da ogni nome si forma superlativo,
diminutivo, e gli altri: nè da ogni verbo il verbale, o l participio
ad una stessa maniera. Per esemplo: da duro
si forma Durissimo, duretto, durotto, e duraccio, ma non già duruccio, durino, durello, e durone, se non se forse per ischerzo. Ne
da venire si formerà venitore, ne da mangiare mangiazione, o
mangevole, ma dirassi, in quel cambio,
mangiamento, mangereccio e simili, come l’ uso ne può insegnare. E serva ciò per
avvertimento, che tali derivativi posson formarsi, ma non gia tutti,
secondo una medesima analogia. E in questi, per li non pratichi dell’
uso, il non s’ arrischiar, senza esemplo di buona scrittura, è forse
il migliore. De’ verbi
irregolari, dopo ch’ e’ son tratti fuori nel loro Infinito, non si sono
detti immediatamente tutti i variamenti de’ tempi, loro. Come al verbo
uscire non s’ è detto, ch’ e’ faccia nell’
Indicativo esco, esci, esce, usciamo, ec. Ma s’
è proccurato, per quanto è stato possibile, che vi sieno tanti esempli
che tutti quanti gli manifestino. Proprietà
della nostra lingua è di sfuggire il concorso di consonanti, e perciò,
quando alle voci comincianti da S, con un’ altra consonante allato,
preceda una parola terminata in lettera non vocale, a cotal voce, cominciante
da S, sarà aggiunta avanti la lettera I: come in
ispirito, con isperanza,
per ischerno: delle quai voci si dovrà cercare alla lettera S ritrovandovisi
per accidente quell’ I. Quando una
voce non ha seco dichiarazione ne altro segno, va attaccata, e pertiene
alla voce di sopra: come in accademico,
accarnire. Se in qualche
esemplo si troverrà ( benchè pochissime volte ) voce non tirata fuori,
ne dichiarata, n’ è stato cagione il non averla noi avuta in istima;
s’ è fatto ragione, che serva per semplice intelligenza di quell’ esemplo.
Potrà anche forse esser talvolta accaduto, che nella dichiarazion delle
voci, abbiamo usato qualche vocabolo, per difetto di memoria, non tratto
fuori all’ ordine dell’ Alfabeto. Delle lettere,
o vero elementi di questa lingua, non s’ e fatto discorso particolare,
se non per quanto si può così rozzamente darne un poco di regola nel
pronunziargli all’ usanza nostra, stimando noi, che dove eglino sono
gli stessi, che que’ de’ latini, sarebbe stata cosa superflua. E perchè
i suoni della nostra pronunzia sono di maggior numero, che i caratteri,
pareva che fosse più lungo trattato a ciò necessario, che non comporta
l’ ordine del nostro libro. Potrà frà tanto ciascuno vederne quello,
che di ciò hanno scritto il Cavalier Lionardo
Salviati nel 3. libro del primo volume degli Avvertimenti della lingua,
e nel proemio avanti al Decameron del Boccaccio. Giorgio Bartoli nel
trattato degli elementi Toscani, e alcuni altri, che hanno fatto professione
d’ esaminar diligentemente questa materia. Molte cose
son dichiarate più minutamente peravventura, che a molti non parrebbe
si richiedesse, ma ciò s’ è fatto a maggior notizia e intelligenza de’
forestieri. Nel fine di
questo libro sarà una nota de’ numeri, che s’ usano in questa lingua,
e de’ nomi numerali ordinativi: non essendo nel Vocabolario notati tutti. Saravvi parimente
l’ Indice di tutte le voci e locuzioni latine, adoperate in questo volume:
E un’ altr’ Indice delle voci, e locuzion greche. E un simile de’ proverbi
latini, e Greci. La maniera di servirsi di quest’ indici è dichiarata
avanti di essi. Per esser
trascorsi per molte cagioni alcuni errori sì della stampa, come del
copiatore del libro, come è costume ( e massimamente in sì gran viluppo
di cose ) s’ è fatto nota di parte de’ più notabili, con le loro correzioni
in un foglio, al fine del libro, i quali preghiamo il lettore, che da
prima voglia emendare, acciò non abbia occasion di riprenderci: e col
suo giudicio ancora corregga gli altri, da noi forse non avvertiti. Questo è quello,
graziosi lettori, che c’ è sovvenuto, per vostro avvertimento, e per
nostra scusa, intorno a questa nostra fatica, la quale speriamo, che
non vi sarà discara, se non per altro, almeno, per averla noi espressamente
durata, per giovare a chi n’ ha bisogno, e per compiacere a chi n’ ha
vaghezza, senza punto di pretensione di strignere alcuno a riceverla,
più di quello, che gli detterà il suo giudicio. TAVOLA DE’
NOMI DEGLI AUTORI, O DE’ LIBRI CITATI IN QUEST’ OPERA. AUTORI, O
LIBRI D’ AUTORI ANTICHI. Dante Alighieri Poema ò divina Commedia. Convivio. Rime. Canzoni morali. Giovanni Boccacci Decamerone, o vero Centonovelle. Laberinto
d’ Amore. Fiammetta. Filocolo,
ò Filocopo. Ameto. Urbano. Lettera a
M. Pino de’ Rossi. Filostrato. Teseide. Amorosa Visione. Comento sopra
Dante. Francesco Petrarca Rime, o vero il Canzoniere. Lettera, copia
a penna. Giovanni Villani Storia, o vero Cronaca. Vita di Maometto. Frate Iacopo Passavanti Specchio di penitenza. Frà Giordano Prediche di varj tempi. Franco Sacchetti Novelle. Matteo, e Filippo Villani Storia o ver Cronaca. Cento Novelle antiche. Ricordáno Malespini Storia. Guido Cavalcanti Rime. Ammaestramenti degli Antichi. Arrighetto Contra l’ avversità della fortuna. Agnol Pandolfini Del governo della famiglia. Vita di San Giovambatista. Ser Brunetto Latini Tesoretto. Pataffio. Bono Giamboni volgarizzatore del Tesoro di Ser Brunetto. Volgarizzator di Pier Crescenzio dell’ Agricoltura. Volgarizzatore de’ Morali di S. Gregorio. Volgarizzatore dell’ Omelíe di S. Gregorio. Volgarizzatore dell’ Albertano. Rime antiche stampate. Rime Antiche del testo a penna. P. N. Rime del Montemagno. Fazio Uberti Dittamondo. Rime. M. Francesco da Buti Comento sopra Dante. Storie Pistolesi. Cronichetta d’ Amaretto. Diario del Monaldi. M. Luca da Panzano Storietta. Frà Domenico Cavalca. Trattato della penitenza. Trattato della
pazienza. Disciplina
spirituale. De’ frutti
della lingua. Medicina del
cuore. Specchio di
croce. Pungilingua. De’ vizij,
e delle virtù. Libro di Motti. Benvenuto da Imola Comento sopra Dante. Storia di Barlaam, e di Giosafat. Tavola Ritonda. Fiorità d’ Italia Raccolto
di memorie antiche. Frà Iacopo da Cessole Trattato degli scacchi. Tavola di Dicerie Volume d’ Orazioni. Frà Iacopo da Todi Libro di laude. Fior di Virtù. Difenditor della pace. Volgarizzator di Palladio. Volgarizzator di Tito Livio Prima, e Terza deca. Volgarizzator di Livio Prima deca. M. Volgarizzator di Livio Prima deca. B. Trattato d’ Amore. Rosaio della Vita. Comentatore antico di Dante. Cronaca della famiglia de’ Morelli. Volgarizzatore della somma Pisanella detta Maestruzza. Don Giovanni dalle Celle Lettere scritte dalle Celle di Vallombrosa. Ciriffo Calvaneo. Povero Avveduto. Storia Nerbonese. Vita della Madonna. Miracoli della Madonna. Vite de’ Santi Padri. Introduzione alle virtù. Esposizion de’ Salmi. Storia de’ Santi Padri. Meditazione sopra l’ arbore della croce. Leggendario de’ Santi. Libro, o trattato d’ astrología. Fioretto di croniche. Fioretto di croniche de gl’ Imperadori. Trattato di politica. Libro, o trattato di repubblica. Volgarizzatore d’ un’ Omelía d’ Origéne. Vendetta di Cristo. Vita di Santo Alesso. Vita di San Girolamo. Volgarizzator di Boezio. Volgarizzator di Lucano. Storia d’ Appollonio di Tiro. Storia di Rinaldo da Montalbano. Storia d’ Aiolfo. Volgarizzator delle pistole del Petrarca. Volgarizzator del libro degli huomini illustri del Petrarca. Volgarizzator delle Metamorfosi d’ Ovvidio, detto il Simintendi. Volgarizzator delle Metamorfosi d’ Ovvidio. Volgarizzator del Milione di Marco Polo. Ammaestramenti de’ Santi Padri. Libro di Viaggi. Trattato della creazion del Mondo. Volgarizzatore di Guido Giudice della guerra Troiana. Vita di Santa Margherita. Vita, o storia di Santa Eugenia. Vita di Santa Eufrosína. Vita o storia di Santo Eustachio. Ordinamenti della Messa. Teología Mistica. Esposizion de’ Vangeli. Libro di Prediche. P. S. Libro di Prediche. Pand. Volgarizzatore delle Vite di Plutarco. Volgarizzator di Valerio Massimo. Volgarizzator della Retorica di Tullio. Volgarizzator del Trattato di medicina di maestro Aldobrandino. Volgarizzator del Trattato delle virtù del ramerino del detto. Volgarizzator de’ Dialogi di San Gregorio. Esposizion delle Metamorfosi d’ Ovvidio. Libro senza titolo. Vita di Giesù Cristo. Libro, o trattato de’ Sagramenti. Libro d’ Opere diverse. Motti de’ Filosofi. Allegoríe sopra le Metamorfosi, d’ Ovvidio. Libro di Sentenze. Annotazioni sopra i Vangeli. Volgarizzator della storia di Salustio. Volgarizzator di Salustio della congiura di Catilina. Poesie di Piero figliuol di Dante. Volgarizzator delle favole d’ Esopo. Storia di Tobbia. Volgarizzator dell’ Eneide di Virgilio. Volgarizzator delle pistole di Seneca. Volgarizzator delle declamazion di Quintiliano. Volgarizzator delle declamazion di Seneca. Volgarizzator delle pistole d’ Ovvidio. Volgarizzator del Genesi. Volgarizzator di Paolo Orosio. Volgarizzator d’ un trattato di cirugía di maestro Guiglielmo
da Piacenza. Volgarizzatore d’ Ovvidio de remedio amoris. Volgarizzator d’ Ovvidio de arte amandi. Volgarizzator di Vegezio. Volgarizzator delle collazion de’ Santi Padri. Volgarizzator d’ un trattato del conservar la sanità di maestro
Pier da Reggio. Volgarizzator d’ un trattatto di Medicina di Serapione. Volgarizzator delle pistole di San Girolamo. Volgarizzatore de’ trenta gradi di S. Girolamo. Volgarizzator delle pistole di sant’ Antonio. Volgarizzatore del Soliloquio di sant’ Agost. Volgarizzatore de’ sermoni di sant’ Agostino. Volgarizzator della storia de’ Maccabei. Volgarizzatore del trattato della nobiltà dell’ Anima di San
Bernardo. Volgarizzator del trattato di coscienza del detto. Volgarizzator delle pistole del detto. Volgarizzator de’ sermoni del detto. Giovanni Dondi in un suo Sonetto al Petrarca. Giacomo Colonna al Petrarca. Volgarizzator della lettera di Cicerone a Quinto. Lettera di Papa Gregorio a Federigo Imperadore. Lettera di Federigo secondo Imperadore. Processo d’ Innocenzio Quarto controa Federigo Imperadore. Lettera del Comun di Firenze. Lettera del Comun di Palermo a quel di Messina. Salveregina volgarizzata ed esposta. Volgarizzatore d’ alcune cose di San Grisostomo. Libro di varie cose detto Zibaldone. Quaderno dell’ entrata, e uscita della Compagnia d’ Or. San
Michele. Quaderno di conti. D. Quaderno di conti de’ Bardi Signori di Vernio. Strumento de’ Paciali. Libro di strumenti. Ordine de’ Paciali. Narrazion di miracoli. AUTORI MODERNI
CITATI IN DIFETTO degli antichi,
o per qualch’ altra occorrenza. Luigi Pulci Morgante poema. Stanze alla
contadina in lode della Beca. Lorenzo de’ Medici. Canzone a ballo. Stanze alla
contadina in lode della Nencia. M. Francesco Berni. Orlando innamorato rifatto da lui. Rime burlesche. Catrina. Atto
scenico. Lodovico Ariosto. Orlando furioso. Cinque canti
dopo il Furioso. Satire. Monsig. Giovan della Casa. Galatéo. Rime. Rime burlesche. Il Cardinal Bembo Stanze. Luigi Alamanni. Girone Cortese} Avarchide }poemi eroici Giovambatista Gelli Letture sopra Dante. Sporta commedia. Agnolo Firenzuola Asin d’ oro d’ Apuleio rifatto da lui. Novelle. Rime burlesche. Lucidi } Trinuzia}commedie. Canzone in
morte della Civetta. Canti Carnascialeschi. Mandragora commedia del Segretario Fiorentino. Agnolo Poliziano Poesie in ottava Rima. Benedetto Varchi Ercolano dialogo. Rime pastorali. Rime burlesche. Mattio Franzesi Rime burlesche. Burchiello. Antonio Alamanni Rime burchiellesche. Etimologia
del Beccafico. Ant. Francesco Grazini} Guerra de’ Mostri. detto il Lasca } Rime. Stanze burlesche intitolate Rabbia di macone. Francesco Coppetta Canzone in perdita d’ una gatta. Bernardo Davanzati Volgarizzamento di Cornelio Tacito. Cavalier Lionardo Salviati. Volume primo e secondo degli Avvertimenti
della lingua. Comento sopra
la Poetica d’ Aristotile. Dialogo dell’
amicizia. Granchio} Spina }commedie. Rime. Canzone in lode
del Pino. Carlo Fioretti Risposta alla difesa del Tasso di M.
Giulio Ottonelli. D. Vincenzio Borghini Dell’ origine della Città di Firenze Flos. Italicae linguae Angeli Monosinij. Aristotile nel primo della Posteriora. Mattiuolo sopra Dioscoride. Mercuriale nel libro de’ Veleni. |