Sommario e contenuto dell’opera
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L’opera si articola in una serie di
osservazioni indipendenti l’una dall’altra e si presenta quindi non
strutturata sul piano del contenuto, al quale rimanda però il ricco indice
alfabetico, che ne facilita la consultazione. Rispetto alla prima edizione
il contenuto e l’indice sono notevolmente accresciuti nella seconda, dove
compare anche un’appendice sui ‘Verbi scorretamente usati in
diversi lor tempi’. Sono lemmatizzate le voci corrispondenti ad accenti,
affissi, articoli, aggettivi, avverbi, ‘gerondi’, ‘infinito’, nomi,
particelle, participi, ‘preteriti’, ‘terminatione’, troncamento, verbo, oltre
che numerose forme verbali (es. ‘aprì,
concesse, dierono, fussi’, etc.), costrutti verbali (es. ‘invidiare alcuno, richiedere ad alcuno’),
avverbi, congiunzioni, ecc. Nell’analisi delle singole forme è frequente il
confronto con il latino non soltanto per ciò che riguarda le
caratteristiche fonetiche e morfologiche della forma presa in esame, ma
anche il contorno sintattico.
SOMMARIO
A’ lettori (edd. 1655 e 1671. La numerazione
delle pagine, ove possibile, si riferisce all’ed. 1655) (cc. +1r-+6v);
Giunta dell’autore in
risposta à due imputationi dategli dopo stampato la prima volta il libro (solo nell’ed. 1671) (pp. 18-29);
[La grammatica è divisa nei seguenti paragrafi (edd.
1655 e 1671):] acciò e accioche; come che in senso d’impercioche;
Contento sustantivo; Avverbi
spezzati; Gerondio in forza di participio; Esso
posto a maniera d’avverbio; Dappoi,
dipoi e dopo; Mai e non mai; Contro e
contra; Gli, chi, che, si còme etc. stranamente accordati;
Modo proprio del verbo andare;
Io amavo, quegli amorono e
simili fuor di regola; Cui, costui,
colui senza articolo; Uso degli accenti; Verbi che traspongono l’l o l’n; Alcuna cosa detto
in vece d’un poco; Saramento e sacramento; Medesimo
in forma d’avverbio; Ogni e ognuno in senso di ciascuno; Figliuolo, figlio e primogenito; Del z e del t; L’infinito di verbo attivo senza affisso in forza di
passivo; Piovere, tonare etc.;
Del raddoppiare o nò le consonanti delle particelle affisse; Dar magnare, dar bere; Ameressimo, amassimo e simili fuor
di regola; Onde avverbio; A
mutato in e in alcuni tempi
de' verbi della prima maniera; Tutti
e tre, tutti e quattro etc.; Terminatione propria della prima mal
usata nelle tre altre maniere de’ verbi; Mandare
col gerondio; Volsi e volli dal verbo volere; Lui, lei, loro in primo caso; Primo
e sesto caso dato a’ gerondi assoluti; Primo e sesto caso dato a’
participij assoluti; Il verbo essere
col quarto caso; La particella come
col primo e col quarto o sesto caso; Il
piu variamente adoperato; Iddio
in ogni caso: Pater nostri e Ave Marie ben detto; Aggettivi ben
framezzati dal sustantivo; La particella con
come si unifica con l’articolo; Perse
e morse preteriti di perdere e morire; Navilio,
vascello, sdrucire; Devo,
devi, deve etc. per debbo
etc.; Massime avverbio; Che tu sij e tu sia ugualmente ben detto; Presto avverbio; Non
per tanto; Costruttione de’ verbi convenire,
divenire e penare e d’essere col participio; I cognomi;
Ancora, anco, anche; Puote preterito; Dentro
e di fuori; Con tutto che, con tutto, tutto e tuttoche; Ardire, osare e creder
con di e senza; Dove stia male adoperato il prenome gli; Fussi
e fossi; Ortografia di gli, ci e ogni; Del replicare l’articolo a ciascun nome; Carcere in amendue i generi; Se
debba dirsi Tu Sei o tu se; Delle parole disusate; Della
congiuntione E et ed; Ciascheduno e nessuno; Per tutto avverbio e nome; Salvo, salvo che e salvo
se; Dell’i doppio in
fine d’alcuni preteriti e d’alcuni nomi; Semo,
havemo, dovemo e simili se siano ben terminati; I participij
preteriti retti da havere e da
essere come s’accordin col
nome; Avverbi come aggettivi e aggettivi come avverbi; Di certi gerondi che
si pongono senza affisso; Della forza che ha il trasporre l’accento; Medesimo, stesso; Egli et eglino; Protestare;
Che articoli si diano a’ sustantivi de’ quali l’uno è cosa dell’altro; Dovria, saria e simili sono ben
terminati; Quello il quale
posto a guisa di neutro; Bisognevole;
Uscire col secondo caso e col
sesto; Accrescimento a’ superlativi; Suo
e suoi per loro; Questi e quegli
primi casi del numero singolare; Della formation de’ preteriti; Quantunque avverbio; Fallire e fallare; Varie osservationi per accordare dove ha voci
di piu generi e numeri; Del non accorciare la prima voce di niun verbo; Avvegnache, conciosia cosa che e
altri simili col dimostrativo; Per lo
e per il; Altri e altrui in caso retto e obliquo; Ci avverbio; Delle voci che non ammettono troncamento; Che che; Della s in principio di parola seguente
altra consonante; A quali participij si dia il verbo essere e a quali l’havere, e di potuto e voluto che precedono all’infinito; Gioventù; Calere; Lì
e là, qui e qua, costì
e costà; Faccio, nudo, muto, regi, dici, vedo
e sparto; Se bene, di già, abbenche, ne meno,
benissimo, ormai; Inchinare
col terzo caso; Capo per guidatore detto anche di molti;
L’infinito in forza di nome etiandio nel plurale; Giusto e giusta;
Sperare per temere, promettere per minacciare;
Appo; Se non fosse per se
non fosse stato; Vo’ e vuo’; Proprietà de’ preteriti della
prima maniera de’ verbi; Invidiare;
Fiorenza; Niente, nulla, niuno etc.; Non dopo nè senza mutatione di senso; Tristezza per malinconia;
Bandire e sbandire; Certa terminatione de’
nomi di maschio usata in genere feminile; Se all’infinito si debba il primo
o il quarto caso; L’havere o
l’essere taciuti dove il verbo
il richiederebbe; Ci e vi avverbio; Mal’uso d’alcune
terminationi e tempi de’ verbi (pp. 1-208);
[solo l’ed. 1671 continua con:] Porta e uscio;
Battaglia di due, compianto d’un solo; Verbi indifferenti à ricevere il
secondo e ‘l sesto caso; Ogni
e qualunque come bene ò male
si diano al plurale; Nomi composti d’acqua
ò derivatine; Varietà lecita in moltissime voci e maniere; Senza accordato col participio; Habitare e habituro nomi; Altresì
in principio di periodo; Fiata
di tre sillabe e di due; De’ verbi che d’un genere passano in un’altro;
Attivi neutri; Neutri passivi o
attivi fatti semplici neutri senza gli affissi loro dovuti; Nomi
indifferenti ad essere dell’uno e dell’altro genere; La per ella; L’articolo dato a gl’avverbi; Terminationi fuor
dell’ordinario d’alcuni nomi nel numero plurale; Dove sia necessario usare
il relativo e non il possessivo; Amaro,
usciro etc. ben terminati
nelle prose; Due osservationi non necessarie a osservarsi (pp. 248-90);
Giunta di questa terza editione. La particella però adoperata per nondimeno; Aiutare e minacciare
col terzo caso; Duo e duoi esser voci ancor della prosa;
Se di presente vaglia solo per
subito e non ancora per al presente;
Se sia mal detto dar testimonio
e simili; Questo detto di cose
altrui presente; Partire senza
l’affisso; Eclissi mascolino lui
per a lui; Participare col quarto caso; Impaurire attivo; Timido per terribile; Trasmettersi
col secondo caso; Nessuno
esser ottima voce; Se debba pronuntiarsi amàvamo
ò amavàmo e così leggèvamo ò leggevàmo etc.; Debbe
per debet esser ben detto; Aere ottima voce e d’amendue i
generi; Scordare per dimenticare; Malamente bene adoperarsi per male; Mediante
dato al plurale; Voci sincopate frequenti ancor nella prosa, altre distese
fuor dell’uso commune; Allargamento della voce ambascita, por mente col terzo càso e col quarto;
Osservationi sopra il verbo trasandare;
Lungo per accosto; Se si debba scrivere con la, con le etc. ò colla, colle etc.; Quando havere vale per essere il singolare darsi al
plurale; Messe, promesse, rimesse
etc. preteriti; Che forza habbia lasciamo
stare; Appostatamente
valere ancora l’apposite de’
latini; Chi dato ancor al
plurale; Causa e cagione, causare e cagionare lor differenza; Con tutto che col dimostrativo; Concesse e concesso in prosa; Empiere,
compiere, adempiere, riempiere, Supplire, signoreggiare, garrire col
terzo caso, chiedere col
sesto; Arbore e noce in genere feminile; Osservation
sopra il valore, l’uso delle voci Italiane; Denno,
fenno, e puonno àdoperati
in prosa; Il dimostrativo dato alla particella che dove parrebbe doverlesi il soggiuntivo; Ancor la
particella sì veramente
accompagnata col dimostrativo; Certe voci del genere feminile che
accresciute divengono maschie; Proprietà de’ verbi che servono alla
memoria; Succedere doppiamente
usato; Quanto che per avvegna che, ancorche, benche etc.; Del per di bene e vagamente usato; Nè non non valer più che ne
solo; Senza più non
significare altrimenti da quel che suona; Una
libbra e mezzo è ben detto; Sanare
neutro, enfiare attivo, ammalare neutro passivo; Particelle
etiandio con vaghezza non che sol lecitamente trasposte; Fidare e confidare ancor senza affisso, fido ottima voce da prosa; Diventare esser buona voce; Se talento per gratia,
dono etc. habbia esempi
d’autorità; Compositione e componimento; Dovitie per ricchezze; Il superlativo col secondo caso; Degnare attivo, neutro, neutro
passivo; Qual sia l’imperativo di trarre;
Il sesto caso dato a certi verbi in iscambio del terzo; La voce simile restituita alla prosa, si
allegano esempi in pruova del doversi consentire l’arbitrio dello scrivere
con varietà dov’ella è lecita; Motteggiare
attivo; La particella non
adoperata senza nuocere nè giovare; Se possa dirsi una persona, il quale e simile d’altri modi; Dierono esser terminatione usata; Per quello che più volentieri
accompagnarsi col soggiuntivo; Rena
e arena e quinci arenare e arrenare; Capère
e capire; Le frutta, le legna, le vestigia; Abbisognare, deliberare, derogare
col quarto caso, adulare, richiedere,
rinuntiare col terzo caso; Costà
per colà; Vicinanza per prossimità; Chiunque dato a cosa; Celeste
ottima voce in prosa; Se di fatto
vaglia subitamente e non altro
e della voce realmente; Adesso per hora e subito
essere ottima voce; Ambi, ambo, ambe,
ambidue; Poco meno per quasi; La particella non che non haver sempre forza
avversativa e di negatione; Usare
col secondo caso; Medesimo non
accordato ne col genere ne col numero; Contrastano
e contrastanno, soprastano e soprastanno e così a’ altri tempi; Intravenire esser ben detto; Intento non è voce solamente
poetica; Impoverire attivo;
Del potersi ò nò scrivere esempio
e tempio; Parete e trave in genere mascolino; Tempi del verbo caggio; Tutto dì, tutto gente e simili ben detto; Gesti e tratto; Possendo per
potendo; A soverchio e che diminuito; Improprietà
somiglianti à sproposito e pure non senza esempio (pp. 291-393);
Indice (ed. 1655 pp. 209-16; ed. 1671 pp.
nn.).
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Apporto generale dell’opera
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Obiettivo dell’autore e tipo di
grammatica: Obiettivo
dell’autore, dichiarato già nell’ampia prefazione, è sfatare il principio
d’autorità, sostenuto variamente da altre grammatiche, sia che esso venga
attribuito alle 'decision de’ grammatici', all’uso 'o sia del popolo o de’
più eletti', all’autorità degli scrittori, alla 'prerogativa del tempo (si
come v’è chi tutto vuole all’antica, chi tutto alla moderna, e chi fa un
ordine composto dell’uno e dell’altro)', o all’attenersi al latino.
Bartoli, pur nel rispetto della tradizione e degli autori del passato,
accoglie invece il principio della libertà creativa e della ragione, in
nome del quale ammette certi usi in contrasto con la norma codificata. Ad esempio
la preferenza per l’imperfetto in -a,
codificata dal Bembo, è motivata sia con la sua attestazione negli autori
del Trecento, sia, appunto, con la ‘ragione’: il tipo in -o produrrebbe forme come leggeo, vedeo, udio, che sono 'maniera
sconcia e insopportabile all’orecchio'. L’opera comprende pertanto una
serie di osservazioni critiche su forme e usi particolari che si
rintracciano negli autori del Trecento e sul giudizio che di esse avevano
dato i grammatici precedenti, e specialmente il Salviati.
Interessi specifici:
Corpus di esempi: Sono tratti dagli scrittori del
1300 e 1400 'che in fra quello spatio vissero, e in pulitezza di lingua
fiorirono, (e tutti li dobbiamo a Firenze, loro madre, o nutrice)'. In
particolare Bartoli seleziona i seguenti autori, dei quali precisa
l’edizione consultata fornendone l’indicazione bibliografica: Ricordano
malespini e il nipote Giacchetto, 'gli autori del Novelliere antico' e
Brunetto Latini per il periodo in cui 'la lingua era un non so che più
salvatica e rozza', poi Dante, Giovanni Villani, Matteo Villani, Filippo
Villani, Jacopo Passavanti, Fazio degli Uberti, Francesco Petrarca, Piero
de’ Crescenzi, ai quali si aggiungono nell’edizione del 1671 Francesco
Barberini, Fra' Bartolomeo da S. Concordio Pisano.
Interesse generale:
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Influenza subita: Bartoli si inserisce
in un filone grammaticale che si oppone a quello seguito dall’Accademia
della Crusca, e che vede tra i suoi protagonisti, oltre al Beni e al
Tassoni, Giulio Ottonelli, Scipione Errico, Diodato Franzoni. Tema
fondamentale della riflessione del Bartoli è tuttavia, più che
l’opposizione alla tradizione, discutere la legittimità o l’illegittimità
dei veti posti dai grammatici, dal momento che nei testi del Trecento egli riscontra
oscillazioni d’uso, e non il rispetto di un’unica norma.
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Influenza esercitata: Nel 1717 il napoletano Niccolò
Amenta ripubblicherà Il torto e il diritto del Non
si può per
criticare le scelte del Bartoli, che accusa di aver legittimato usi
scorretti della lingua, e per difendere, con le proprie proposte, il
principio d’autorità della tradizione e la politica linguistica della
Crusca. Il Corticelli riconoscerà l’importanza del lavoro nella premessa
alle Regole ed osservazioni di lingua toscana, ridotte a
metodo e in tre libri distribuite (1745), pur criticandone la poca
sistematicità e organizzazione.
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