Delle cagioni della lingua toscana

1623 1643 1760

 

Autore

Buommattei, Benedetto

Titolo

Delle cagioni della lingua toscana

Stampe

Prima edizione:

1623: Delle cagioni della lingua toscana. Libro I. In Venezia, appresso Alessandro Polo.

Biblioteca dell’Accademia della Crusca - Firenze

Edizioni e ristampe:

1626: Delle cagioni della lingua toscana. In Venezia, appresso Giovanni Salis.

1643: Della lingua toscana. Libri due. In Firenze, per Zanobi Pignoni.

Biblioteca dell’Accademia della Crusca - Firenze

Biblioteca Nazionale Centrale - Firenze

1714: Della lingua toscana. Libri due. In Firenze, nella stamperia di S.A.R. per Jacopo Guiducci e Santi Franchi.

1720: Della lingua toscana. Libri due. In Firenze, ed in Verona, per Pierantonio Berno librajo nella Via de’ Leoni.

1723: Della lingua toscana. Libri due. In Firenze, ed in Napoli, presso Francesco Ricciardo.

1733: Della lingua toscana. Libri due. In Napoli.

1744: Della lingua toscana. In Verona, presso P. Berno

Biblioteca Nazionale Centrale - Firenze

1760: Della lingua toscana. Libri due. In Firenze, nella Stamperia Imperiale.

Biblioteca dell’Accademia della Crusca - Firenze

Biblioteca Nazionale Centrale - Firenze

 

Edizioni  esaminate

1623: (prima edizione) in Venezia, appresso Alessandro Polo.

1643: in Firenze, per Zanobi Pignoni.

1760: in Firenze, nella Stamperia Imperiale.

 

Sommario e contenuto dell’opera

SOMMARIO Edizioni 1623 (I libro) e 1643 (II libro).

 

L’opera è divisa in due libri. Di un terzo libro, previsto ma non ultimato, restano solo parti manoscritte.  

Il primo libro (nelle edd. 1623 - di cui si segue la numerazione delle pagine - 1643, 1760), di carattere teorico, contiene sette trattati. Il secondo (dall’ed. 1643, di cui si segue la numerazione delle pagine), di carattere più descrittivo e sistematico, contiene dodici trattati corrispondenti alle parti del discorso.

 

 

Al sereniss. Granduca Ferdinando Secondo [nell’ed. 1760 preceduta da: Prefazione; A chi legge e seguita da Vita di Benedetto Buommattei scritta da Dalisto Narceate Pastore Arcade];

 

Tavola de’ trattati e capitoli del primo libro;

 

Della lingua in comune. Trattato primo: Che cosa sia lingua e quel che per lingua s’intenda; In quanti modi si possa dinominare una lingua e perche la nostra si dica da noi toscana; Dove, quando e come la lingua toscana si generasse, crescesse, cascasse e risurgesse; Se alla nostra si convengan le regole della latina; Se le lingue si debban apprender da gli scrittori o dal popolo; Delle cagioni della lingua (pp. 1-12);

 

Dell’orazione. Trattato secondo: Orazione che cosa sia; Intelletto umano come discorra; Suono di quante sorti si truovi; Colore di quante spezie; Che differenza sia tra la scrittura e la voce (pp. 13-20);

 

Delle lettere. Trattato terzo: Lettera che sia e onde detta; Elemento che sia e se sia diverso da lettera; Qual sia la materia degli elementi e quali i caratteri che gli accennano; Del q e suo valore; Dell’h e suo uso; Della forma e division de gli elementi; Vocali come si formino e quanti sieno; Consonanti come si formino e dividano; Semivocali quai sieno e come si formino; Quanti suoni abbiano questi caratteri c e g; De’ due suoni del ch; De’ due suoni del gh; De’ due suoni del gl; Del gn e sue osservazioni; s quanti suoni accenni; z e suo valore; Se il t possa adoprarsi per z; Se la z possa raddoppiarsi; Si replica il tutto in compendio (pp. 21-52);

 

Delle sillabe. Trattato quarto: Sillaba che sia; Di quante lettere sia composta una sillaba; Numero e disposizion delle consonanti; Quai consonanti possano stare avanti a vocale; Qual consonante possa trovarsi in fin di sillabe; Se la consonante possa raddoppiarsi nella medesima sillaba; Si replica brevemente quel che appartenga alla sillaba (pp. 53-63);

 

De' dittongi. Trattato quinto: Dittongo che sia; Dittongi di quante sorti; De’ dittongi fermi e mobili; Numero de’ dittongi; Se abbiam trittongi o quadrittongi (pp. 64-67);

 

Degli accenti. Trattato sesto: Accenti di varie sorte; Accento propriamente preso che sia; Tenore, spirito e tempo che sieno; Delle sillabe lunghe e brievi; Accento comunemente preso che sia; Sopra qual sillaba possa posarsi l’accento; Del segno dell’accento e sua sede; Quai parole si segnin con accento e quai no; D’un segno che è creduto accento e non è (pp. 69-78);

 

Delle parole. Trattato settimo: Parola che sia; Se il parlare sia naturale o per arte; Se i nomi sien posti con ragione o a caso; Come s’intenda ad arbitrio del primo; Parola di che sia formata; Parole di quante sorte sieno; Delle parole pure e le lor regole; Delle parole alterate; Dell’alterazione naturale delle parole; Dell’accidentale alterazion delle parole; Delle parole che si crescono in fine; Delle parole che si posson scemare in principio; In quanti modi le parole possano scemarsi in fine; Quai parole possan troncarsi avanti a vocale; Quai parole possan troncarsi avanti a consonante; Quai parole possan troncarsi d’una vocale sola; Quai parole mandin con la vocale una delle consonanti; Quai parole si tronchin della vocale con tutte le consonanti; Delle parole composte; Della significazion delle parole; Division delle parole secondo la forma; Se le spezie delle parole possan ridursi a minor numero; Che il multiplicar tante spezie non è contro all’opinion de gli antichi; Che differenza sia da parte d’orazione a parola; In quanti modi le dette parti possan variarsi (pp. 79-116);

 

Il fine del primo libro.

 

Libro secondo. Lo stampatore a’ lettori (pp. 118-19);

 

Del nome. Trattato ottavo: Nome che sia e onde detto; Nomi di quante sorte; Del nome sustantivo; Del collettivo e del comprensivo; De gl’infiniti de’ verbi che servon per nomi; De gli augumentativi e diminutivi; Del nome aggiuntivo; Dell’aggiuntivo perfetto; De comparativi e superlativi; De’ diminutivi e augumentativi aggiuntivi; Dell’aggiuntivo imperfetto e sue spezie; De’ nomi participanti; Del nome numerale; De’ denominativi; De gli accidenti del nome; Del numero; De' nomi declinabili; De’ nomi indeclinabili; De’ nomi di doppia uscita; De’ nomi di doppio singulare; De’ nomi di doppio plurale; De’ nomi che non anno plurale; De’ nomi che mancan del singulare; De’ nomi terminati in co e in go; De’ plurali terminanti in chi e in ghi; Della persona; Del genere; Se il nostro nome abbia neutro; Del caso; Della spezie; Della figura; Della declinazione (pp. 120-54);

 

Del segnacaso. Trattato nono: Segnacaso che sia; Quanti e quali sieno i segnacasi e a quali casi servano; Se il segnacaso vada sempre avanti al suo caso; Segnacasi come talora si cambin tra lor medesimi; Segnacasi come talora si scambino con altre parti; Segnacasi come talora si tralascino; Segnacaso talora non necessario; Si declinano i nomi co’ loro segnacasi (pp. 155-67);

 

Dell’articolo. Trattato decimo: Articolo che sia e onde detto; Come determini e distingua; Se sia necessario; Dove non faccia bisogno d’articolo; Dove si metta l’articolo per uso; Delle voci che s’usano e con articolo e senza; Delle voci che scaccian sempre l’articolo; Se dato l’articolo a un nome si debba dare anche a gli altri che da quello dependono; Se dato l’articolo a un nome si debba dare a tutti gli altri della medesima clausola; Della sede dell’articolo; Degli accidenti dell'articolo; Del numero; Del genere; Della figura; Onde sien presi gli articoli semplici; Di che sien formati i composti; Che differenza sia tra gli articoli il e lo e tra i, li e gli; Se si debba scrivere dello, allo, dallo o vero de lo a lo, da lo ec.; Se sia bene scritto co’l, ne’l, su’l, de’l etc.; Del caso; Della declinazione dell’articolo; Articoli declinati co’ nomi (pp. 168-207);

 

Del pronome. Trattato undecimo: Pronome che sia, a che serva e onde sia detto; Pronome di quante sorte; D’alcune particelle poste talora per pronome; De mezzi affissi variabili; Degli accidenti del pronome; Del Numero; Della persona; De’ pronomi egli e ella; Del genere; De’ pronomi questo, cotesto, quello etc.; De’ pronomi questi, cotesti e quelli; Del caso; De’ pronomi chi e cui; De’ pronomi altri e altrui; De gli altri due accidenti spezie e figura, Pronomi di casi dissimili in ciascun numero declinati; Pronomi di casi dissimili nel singolar solamente declinati; Pronomi di casi simili in ciascun numero; Pronomi che mancan del plurale; Pronomi di numero indeterminato; Pronomi che mancan del caso retto; Pronomi che mancan di tutti gli obbliqui (pp. 208-32);

 

Del verbo. Trattato duodecimo: Verbo che sia e perche così appellato; Verbi di quante sorte; De verbi personali; Degl’impersonali; Altra division de’ verbi, quanto alla figura; Della significazione; Del modo; Della persona; Del numero; Del tempo; Quanti tempi si consideran nell’indicativo; De’ tempi dell’imperativo; De’ tempi dell’ottativo; De’ tempi del congiuntivo; De’ tempi dell’infinito; Di altri tempi che posson formarsi con gl’nfiniti; Della coniugazione; Coniugazion de’ verbi come si conoscano; Voci de’ passati e trapassati come si formino; De’ verbi potere, volere, dovere ec.; De’ verbi porre, sciorre e corre co’ loro composti; De’ verbi dire e fare co’ lor composti; De’ verbi addurre, condurre e altri simili; Del verbo andare; Di alcune prime persone oggi alterate dall’uso; Del pendente plurale; Della formazion de’ passivi; Della formazion de gl’impersonali; De’ mezzi impersonali; Declinazion del verbo essere; Declinazion del verbo avere; Osservazioni intorno alle voci de’ verbi essere e avere; Avvertimenti del verbo essere; Avvertimenti del verbo avere; Avere posto talora per essere; Declinazioni di tutt’e tre le coniugazioni conseguenti; Osservazioni di tutte le predette coniugazioni; Declinazione di alcuni verbi anomali; Declinazion de gli anomali della seconda; Anomali del secondo ordine; Declinazion degli anomali della terza; De’ verbi terminanti in isco; Declinazion del verbo composto di andare, ire e gire; Declinazion d’altri verbi difettivi; Declinazion de’ verbi impersonali; Declinazion de’ verbi passivi (pp. 233-310);

 

Del participio. Trattato tredicesimo: Participio che sia e onde così detto; De gli accidenti del participio; Del genere; Del caso, del numero e della figura; Della significazione; Del tempo; Della formazione; De’ participi del second’ordine della seconda declinazione; Di alcuni participj eccettuati dalla data regola; Che differenza sia da participio a nome aggiuntivo; Delle varie terminazioni de' participi (pp. 311-21);

 

Del gerundio. Trattato decimoquarto: Che sia e perche così si chiami; Della figura; Della significazione; Della coniugazione; Del tempo (pp. 322-26);

 

Della proposizione. Trattato decimoquinto: Proposizione che sia; Delle spezie; Della figura; Del caso; Della significazione; Della significazion del moto; Dello stato e della cagione; Della compagnia e del Modo; Del tempo, del numero e della privazione; Di altre significazioni; Della significazion delle inseparabili; Che differenza sia da proposizione a segno di caso (pp. 327-36);

 

Dell’avverbio. Trattato sedicesimo: Avverbio che sia; Che differenza sia da avverbio a proposizione; Della spezie e della figura; Della significazione; Degli avverbi del tempo; Degli avverbi locali; De gli avverbi qui e qua; Di altre significazioni dell’avverbio; Con quali parti l’avverbio possa scambiarsi; Positivi, comparativi e superlativi (pp. 337-48);

 

Della congiunzione. Trattato diciassettesimo: Congiunzione che sia; Della diversità delle congiunzioni quanto alla figura; Se la congiunzione abbia sempre uficio di unire; Della significazion delle congiunzioni; Delle congiunzioni condizionali; Delle sospensive; Delle dubitative o domandative; Delle negative; Delle copulative; Dell’aggiuntive; Dell’eccettuative e delle dichiarative; Dell’elettive; Delle disgiuntive; Dell’avversative; Delle collettive o conclusive; Delle causali; Delle diminutive o limitative (pp. 349-62);

 

Dell’interposto. Trattato diciottesimo: Interposto che sia; Della figura; Delle varie significazioni dell’interposto (pp. 363-66);

 

Del ripieno. Trattato diciannovesimo: Se il ripieno sia con ragione distinto dall’altre parti; Ripieno che sia; Ripieno di quante sorte; Quali servano per solo ornamento; Quali si pongan per evidenza; Dell’accompagnanome; Dell’accompagnaverbo; Del ripieno egli; Del ripieno esso; Come il detto ripieno possa distinguersi da altre parti (pp. 367-76);

 

Prosegue con: Tavola de’ trattati; Errori e correzioni (ed. 1643) e con Delle lodi della lingua toscana. Orazione del dottore Benedetto Buommattei; Tavola de’ trattati; Indice delle materie di quest’opera (ed. 1760).

 

Apporto generale dell’opera

Obiettivo dell’autore e tipo di grammatica: L’opera di Buommattei si inserisce nella corrente grammaticale a favore del fiorentino trecentesco e mostra di rispettare, per quanto riguarda la lingua, il primato toscano di Dante, Petrarca e Boccaccio e per quanto riguarda la norma l’autorità di Bembo, Castelvetro, Salviati e Varchi, ai quali l’autore fa anche esplicito riferimento nella prefazione. Notevole tuttavia è l’attenzione all’uso vivo della lingua, di cui si riconosce l’importanza anche qualora le forme proposte discordino con quelle che compaiono negli scrittori trecenteschi: il congiuntivo presente in -i- del tipo ‘dia’ e ‘stia’ viene considerato forma da preferire al tipo antico in -e- (es. ‘dea’, ‘stea’), di cui comunque si riconosce l’importanza perché gli autori del passato 'le scrissero in tempo, che ‘l popolo o l’usava, o non l’aveva ancora dismesse in tutto'. Si nota quindi una relativa apertura verso forme non consacrate dal canone trecentesco (Patota 1993: 116), e anche l’ammissibilità d i prestiti da altri dialetti italiani (Colombo 1988-89: 16).

 

Lo sforzo di contemperare tradizione e uso non nasce solo dall’osservazione del contrasto fra arcaismi e innovazioni, ma poggia su convinzioni teoriche espresse principalmente nel primo libro, e legate al sorgere dell’interesse per un’indagine teorica sui fatti linguistici che aveva visto in prima linea, nel secolo precedente, le riflessioni sul latino di Giulio Cesare Scaligero nel De causis linguae latinae (1549), al quale Buommattei si richiama espressamente anche nel titolo della sua opera. Risulta evidente, comunque, che obiettivo del Buommattei non è tanto fornire un trattato teorico sulla lingua, ma piuttosto una descrizione della 'Lingua che ne’ miglior paesi della Toscana volgarmente si parla, e dalle più celebri Nazioni d’Italia quasi comunemente si scrive', sulla scia del Bembo, del Castelvetro e del Salviati, i quali tuttavia 'hanno sprezzate a bello studio tutte quelle bassezze, che nell’insegnare i principij sogliono toccarsi da molti' e pertanto 'riescono a’ principianti sì malagevoli, che molti dalla difficoltà spaventati, lascin molto presto in abbandono quello studio'. Proprio per fornire anche ai lettori meno esperti uno strumento utile e adatto alla loro preparazione, Buommattei avverte che nei suoi trattati sono state esaminate anche 'quelle cose, che da’ medesimi tre valentuomini si sono, come troppo basse, o come note a bastanza, lasciate alla discrezion del lettore', aggiungendo che 'chi in tale studio non è introdotto, prenda a legger dal secondo libro', più empirico appunto rispetto al primo.

 

Interessi specifici: Buommattei inserisce la trattazione grammaticale in una struttura filosofica generale relativa alla lingua e al linguaggio (Poggi Salani 1988: 779) per la quale si ispira al De causis linguae latine di Giulio Cesare Scaligero. Di particolare interesse è l’ampliamento del numero delle parti del discorso, trattate nel secondo libro, che vengono portate da otto a dodici. Fra gli argomenti affrontati nel primo libro, notevole è la parte dedicata alla fonetica e all’ortografia (trattati III-VI).

-          Innovazioni terminologiche: Innovativo, pur senza successo, è l'uso di termini quali ‘segnacaso’ (cfr. Cortelazzo-Zolli, s.v. 'segno', che cita precedentemente 'segno di caso' in V. Borghini) per preposizione, ‘interposto’ per interiezione e ‘ripieno’ per  i pronomi clitici pleonastici o lessicalizzati e gli avverbi enfatici e focalizzanti.

 

-          Corpus di esempi: gli esempi sono tratti da autori classici, soprattutto Dante e Boccaccio, ma compaiono anche esempi costruiti dallo stesso Buommattei. Le citazioni latine sono da Virgilio.

 

Interesse generale:

-          Influenza subita: La conoscenza delle opere grammaticali precedenti, e in particolare di quelle di Castelvetro, Salviati e Bembo, traspare dalla trattazione ed è ammessa dallo stesso Buommattei. La fonte di ispirazione principale è rappresentata tuttavia dal De causis linguae latinae  di Giulio Cesare Scaligero.

 

-          Influenza esercitata: Notevolissima fu l’influenza del Buommattei sui grammatici posteriori, e soprattutto su Cinonio, Corticelli e Puoti. Fra gli stranieri si ricordano Regnier Desmarais, che prese a modello il trattato del Buommattei per la sua grammatica francese, inoltre Harris e Took per le descrizioni grammaticali dell’inglese (Cresti 1998: 348).

 

 

Nota bibliografica

Fiorelli 1960; Faithfull 1962: 188-213; Calabresi 1972; Vitale 1984: 174-77; Padley 1988; Poggi Salani 1988: 778-9; Lepschky: III 564; Tavoni 1990; Skytte 1991; Marazzini 1993: 190-91; Patota 1993: 112-17; Skytte 1996; Cresti 1998: 346-8; Colombo 1998-99; Cortelazzo - Zolli 1979-88 s.v.'segno'; Marazzini 1999: 98-99; Mattarucco 2000.