Vocabolario, grammatica, et orthographia de la lingua volgare

1543 1550 1562

 

 

Autore

Accarisi, Alberto

Titolo

Vocabolario, grammatica, et orthographia de la lingua volgare

Stampe

Prima edizione:

1543: Vocabolario, grammatica et orthographia de la lingua volgare d’Alberto Acharisio da Cento, con ispositioni di molti luoghi di Dante, del Petrarca, et del Boccaccio. Stampato in Cento, in casa de l’autore.

Biblioteca dell’Accademia della Crusca - Firenze

Biblioteca Nazionale Centrale - Firenze

Biblioteca Riccardiana - Firenze

Edizioni e ristampe:

1550: Vocabolario et grammatica con l’orthographia della lingua volgare d’Alberto Acharisio da Cento con l’espositione di molti luoghi di Dante, del Petrarca et del Boccaccio. In Venetia, alla bottega d’Erasmo di Vicenzo Valgriffo.

Biblioteca dell'Accademia della Crusca - Firenze

Biblioteca del Seminario arcivescovile maggiore - Firenze

Biblioteca Nazionale Centrale - Firenze

1562: In Le osservationi della lingua volgare di diversi huomini illustri, cioe del Bembo del Gabriello del Fortunio dell’Acarisio et di altri scrittori [a cura di Francesco Sansovino]. In Venetia, appresso Francesco Sansovino.

Biblioteca dell’Accademia della Crusca - Firenze (2 copie)

Biblioteca di Lettere e filosofia - Firenze

1565: In Le osservationi della lingua volgare di diversi huomini illustri, cioe del Bembo del Gabriello del Fortunio dell’Acarisio e di altri Scrittori [a cura di Francesco Sansovino]. In Venetia, appresso Fr. Rampazetto.

 

Edizioni  esaminate

1543 (prima edizione): stampato in Cento, in casa de l’autore.

1550: in Venetia, alla bottega d’Erasmo di Vicenzo Valgriffo.

1562: in Venetia, appresso Francesco Sansovino.*

*Nota: Mancano la prefazione e la dedicatoria dell’Acarisio. Precede un’introduzione del Sansovino.

Sommario e contenuto dell’opera

La Grammatica dell’Acarisio non si può disgiungere dalle altre due opere con le quali viene pubblicata fin dalla prima edizione, e con le quali rappresenta un tipico esempio di quegli ‘zibaldoni tra lessicali e grammaticali e spositivi quali eran richiesti dai bisogni di chi s’introduce nello studio e nel culto del volgare con la guida di Bembo’ (Trabalza 1908: 118). Notevole è l’intento di sistematizzare la materia grammaticale in modo da aiutare lo studioso incerto sulla forma da preferire, e a questo si deve probabilmente il privilegiare, nella Grammatica, le forme regolari rispetto a quelle irregolari, la cui discussione è rimandata al Vocabolario. L’influsso di Bembo è forte, nonostante le numerosissime critiche alle regole proposte nelle Prose.

 

La Grammatica è divisa in nove capitoli che trattano in maniera minuziosa la morfologia e l’uso degli argomenti cui sono dedicati, distinguendo le forme appropriate per la poesia da quelle per la prosa (es. ‘Duo et dui sono del verso, et diece è antico’). Le uniche differenze tra le edizioni 1543 e 1550 sono nel titolo. Contenuta in una raccolta generale di opere grammaticali (alle pp. 425-48)  quella dell’Acarisio del 1562 comprende la trattazione grammaticale e le osservazioni sull’ortografia, senza gli apparati iniziali e con l’espunzione dell’elenco delle voci latine usate dal Boccaccio.

 

SOMMARIO

 

Alberto Acharisio al Reverendo monsignore messere Iacomo da Fiesco [Giacomo Fieschi], eletto di Savona, suo signore osservandissimo (edd. 1543, 1550. La numerazione delle pagine, ove possibile, si riferisce all’ed. 1543) (cc. A1v-A2r);

 

Alberto Acharisio a lettori (edd. 1543, 1550) (c. A2r);

 

Felix Portius calaber lectori S.D.P. (edd. 1543, 1550) (c. A2v);

 

Incomincia la Grammatica. De gli articoli (edd. 1543, 1550, 1562) (cc. 1r-3v) [Gli articoli sono quattro: 'il', 'lo', 'el' (‘non si pon mai se non in compositione, come il duca el secretario sono in camera’), 'la'. Acarisio nota che il plurale di ‘il’ e di ‘lo’ dovrebbe essere secondo Bembo rispettivamente ‘i’ e ‘li’, ma Boccaccio usa ‘li’ anzichè ‘i’ anche davanti a voci comincianti per consonanti; ad es. ‘li piaceri’. L’articolo ‘lo’ muta in ‘il’ davanti a ‘loro’, come nell’espressione ‘il loro studio’];

 

De nomi (edd. 1543, 1550, 1562) (cc. 3v-5r) [Si confrontano le terminazioni volgari con quelle latine, e si confuta l’affermazione che ‘tutti i nomi neutri latini terminano in questa nostra lingua ne la a’ e che, come sostiene Bembo, ‘questi nomi in a (...) siano appò noi neutri’ perché possono avere l’articolo maschile o femminile (ad es. ‘le ciglia’/’i cigli’). I nomi numerali, eccetto ‘uno’, sono indeclinabili e solo plurali];

 

De pronomi (edd. 1543, 1550, 1562) (cc. 5r-11r) [Tra i pronomi personali si distinguono quelli che nel quarto caso finiscono in ‘e’, quindi i tonici, da quelli che finiscono in ‘i’, cioè gli atoni. Se ne illustra la posizione rispetto al verbo, sottolineando che ‘quando terminano in e si dimostra maggiore efficacia’, e se ne descrive l’uso in prosa e poesia. Vengono descritti i dimostrativi (‘questi, costui, cotestui, questo, cotesto, ciò, esto’) anche al femminile e al plurale; gli indefiniti (‘nullo, nessuno, veruno, alcuno’); il pronome ‘chi’, del quale si dice che ‘quando interrogativamente non stà, dinota colui il quale, ò colei la quale, ò quale, come appò i latini fanno queste due voci qui, que’; i relativi ‘che, cui’, e infine ‘ciascuno, ciascheduno, ciascuna, ciascheduna, quale, qualunque’];

 

De verbi (edd. 1543, 1550, 1562) (cc. 11r-15v) [Si distinguono quattro ‘regole’, cioè coniugazioni - ‘amare, sedere, leggere, udire’ - delle quali si danno solo le forme regolari, rimandando al Vocabolario per quelle irregolari. Per ciascuna ‘regola’ sono esaminati l’imperativo, il desiderativo, il soggiuntivo, l’infinitivo];

 

De gerondi (edd. 1543, 1550, 1562) (cc. 15r-15v) [Si discute se il gerundio si formi dai ‘participi terminanti in ente, mutata la te in do, come amante amando’ (ipotesi sostenuta anche dall’Acarisio), o se al contrario ‘i partecipi si formino da gerondi’, e l’esito volgare dei gerundi latini che ‘si risolvono appò noi ne l’infinitivo con le particole di et da, come io hò voglia di leggere’. Si nota che i gerundi talvolta ‘si pongono in significazione passiva’ e che al loro posto può porsi un costrutto con l’imperativo, come fa Boccaccio (II, 5): ‘buon huomo se tu hai troppo bevuto, và dormi’];

 

De partecipi (edd. 1543, 1550, 1562) (cc. 16r-17r) [Possono avere una voce in ‘te’, l’altra in ‘to’, come in ‘caduto’ e ‘leggente’. Quelli che terminano in ‘o’ - se sono posti con il verbo avere o con essere (con cui formano i passivi) e si riferiscono a un nome - ‘si possono mutare et porle nel genere et nel numero, nel quale sono quelle voci’, ma ‘possiamo dire che l’orecchia habbia da essere quella che ci insegni’];

 

De gl’impersonali (edd. 1543, 1550, 1562) (c. 17v) [Se ne esamina solo la morfologia, dicendo che si formano aggiungendo la ‘particola si à le terze persone di verbi’, e si raddoppia la ‘s’ nel caso la forma di partenza sia accentata: ‘amasi, amossi, amerassi’];

 

De gli avverbi locali (edd. 1543, 1550, 1562) (cc. 17v-19v) [Tratta solo gli avverbi locali rimandando per gli altri al Vocabolario. Si esamina il significato di ‘quì, quà et ci (la quale congiunta con la ne muta la i in e), là’ in relazione a quello delle forme latine hic, huc, illic, e l’uso con preposizioni, ad es. in ‘di quà’. ‘Costì vale la Istic latina, costà vale la Istic et la Istuc’, ecc.];

 

De gli accenti (edd. 1543, 1550, 1562) (cc. 20r-25v) [Lasciati da parte gli accenti acuto e grave, l’autore si sofferma sull’’accento collisivo’, cioè l’apostrofo (termine già comparso nella Grammatichetta del Trissino), e sulla scia di Bembo dice che ‘in molte voci si può porre et anche lasciarvi la vocale, secondo che à l’orecchia de lo scrittore pare che stia meglio’];

 

Regole generali de l’orthographia (edd. 1543, 1550) (cc. 26r-27v) [Lista di voci di imitazione latina tratte da Boccaccio. Nell’ed. 1562 questa lista è annunciata ma espunta];

 

Vocabolario (edd. 1543, 1550) (cc. 28r-315v);

 

Errori ne lo stampare, il primo numero dinota carta et il secondo rega (edd. 1543, 1550) (cc. 315v-316v).

 

Apporto generale dell’opera

Obiettivo dell’autore e tipo di grammatica: L’intento dell’autore, dichiarato esplicitamente già nella dedicatoria a Giacomo Fieschi che compare nella prima edizione del 1543, è di ‘fare una operetta di Grammatica, Orthographia et Vocaboli’ intesa in un primo momento come strumento di consultazione per sé e per i figli, e solo successivamente aperta al pubblico. L’Acarisio intende ‘di servare l’ordine, il quale et gl’antichi e moderni scrittori hanno infino à quì servato’ e, come molti di essi hanno fatto, dedica l’opera a qualcuno che sia in grado di giudicarla e se necessario di correggerla ‘accio che altri seguendo mè non pecchi’. Il medesimo invito alla correzione viene esteso, nella seconda dedicatoria, ai lettori dell’opera.

La grammatica viene pubblicata dall’Acarisio insieme a un trattatello di ortografia e al vocabolario. Già nel 1536 l’autore aveva pubblicato a Bologna una Grammatica volgare, ma si trattava di un’opera diversa da quella presa qui in esame, soprattutto per quanto riguarda l’atteggiamento nei confronti della linea di Bembo, là preso a modello e ricordato nell’avviso Alli lettori, qui invece neppure menzionato. Benché sostanzialmente l’organizzazione dell’opera rimanga la stessa, qui le regole proposte da Bembo nella prima edizione delle Prose del 1525, opera con la quale si confronta l’Acarisio, vengono apertamente messe in discussione insieme a quelle del Fortunio e del Flaminio.

 

Interessi specifici. L'Acarisio scrive la grammatica con lo stesso spirito che lo anima nel redigere il vocabolario, insieme al quale la grammatica viene pubblicata: una dichiarata autonomia rispetto ai grammatici contemporanei, ma continuando a citare le Tre Corone e a tenere conto del Bembo.

-          Innovazioni terminologiche: Acarisio, ripetendo una scelta già operata nella Grammatica volgare del 1536, ricorre alla terminologia latina impiegata dal Fortunio e poi dal Flaminio nel suo Compendio, rinunciando tra l’altro alle perifrasi che Bembo utilizza per indicare le categorie grammaticali. Preferisce così per esempio, rispettivamente, ‘presente’ e ‘imperfetto’ ai bembeschi ‘il tempo che corre mentre l’uomo parla’ e ‘il pendente tempo’. Dalle opere contenute nel volume traspare un lievissimo colorito ligure per quanto riguarda certe scelte lessicali (es. ‘balcone’ e ‘civire’) dovuto al soggiorno dell’A. a Genova. Rari sono gli equivalenti latini dei pronomi e avverbi locali volgari, mentre viene proposto un elenco di latinismi di Boccaccio in polemica con il Fortunio il quale aveva detto, come sostiene lo stesso Acarisio, ‘che noi ci dobbiamo, quanto più possiamo, dalle voci latine scostare’.

 

-          Corpus di esempi: Acarisio ricorre a esempi d’autore per contrapporre l’uso del Boccaccio a quello di Dante e Petrarca così come, in precedenza, si nota nei lavori dell’Alunno, del Dolce, e nel secondo libro delle Vulgari elegantie di Niccolò Liburnio (1521): 42r-45r. La raccolta di esempi è ricchissima.

 

Interesse generale:

-          Influenza subita: Notevole è l’influenza di Bembo, Fortunio, Flaminio, nonostante molte delle loro proposte vengano discusse e confutate.

 

-          Influenza esercitata: La distinzione tra linguaggio della prosa e della poesia, che è già del Bembo, sarà osservata anche da altri grammatici, fra i quali si ricorda Paolo del Rosso nelle sue Regole osservanze e avvertimenti sopra lo scrivere correttamente la lingua volgare toscana in prosa et in versi (In Napoli, per Mattia Cance, 1545). A questo proposito Trabalza (1908: 120) sostiene che ‘era anche questo, come ognun vede, un allontanarsi dalla realtà e un sottoporre la lingua sempre più al processo dell’estrazione’.

 

Nota bibliografica

Trabalza 1908:118-120; Peirone 1971; Quondam 1978; Acarisio 1988; De Blasi 1993: 395; Della Valle 1993: 38-40; Marazzini 1993: 163-64; Patota 1993: 120-21; Trovato 1994: 116.