L’opera e il suo sommario
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sommario. Al reverendissimo
signore e padrone mio osservandissimo il signor abbate don Ottavio D’Agostino
(cc. *2r); Al lettore (c. *3r); Autori osservati per il nostro vocabolario,
& ortografia (c. 4v); Ortografia volgare toscana [diviso in:] del fine de’
nomi particolari; delle voci tronche; degli articoli; degli articoli li,
et, i; dell’articolo gli; degli accenti; della variatione de’ verbi;
variarione [!] del verbo della seconda maniera; variatione del verbo sono;
variatione del verbo ho; variatione del verbo vado; variatione del verbo
posso; d’alcuni verbi, ch’hanno diversita ne’ tempi passati, e d’alcune
altre osservanze; de’ pronomi; del raddoppiamento d’alcune lettere;
d’alcuni avvertimenti notabili (pp. 1-15); Vocabolario et ortografia
volgare toscana (pp. 17-349); Errata (p. 350).
l’opera. Lo stesso Giuseppe da
Camerata indica tra gli scopi del suo lavoro, negli avvertimenti ai
lettori, di aver “procurato sfuggire tante regole moderne fabbricate a
capriccio, e certe voci troppo toscane, e stiracchiate” e di voler essere
utile a un lettore, diremmo, colto: “non solo a’ Secretarij, Scrittori, e
professori di belle lettere, ma anche, & in particolare a’
Predicatori”. Notevole in quest’ottica l’ampia latitudine degli autori e la
varietà delle opere considerate: Sannazzaro, il Dolce, Toscanella (per il suo Elucidario
poetico), numerosi predicatori e le opere lessicografiche di Politi, Luna,
Franciosini, Sansovino, Pergamini, Alunno
(Fabrica), dell’Accademia
della Crusca e di Diego Ximenez, autore di un Lexicon ecclesiastico.
In alcuni casi anche la ripresa di questi precedenti lessicografici è
dichiarata: “Agguardare, val considerare, e guardare diligentemente.
Agguardiamo insieme adunque lo spaventevole giudicio, e pensiamo di cercar
il rimedio. Crusca”.
Il lemmario, a un breve confronto con la
Crusca del 1612, risulta molto più ridotto – come rivela la ben
diversa mole dei volumi del resto – e costruito con scelte specifiche su
alcuni campi semantici trascurandone completamente altri (ad esempio
“caccia” e tutti i suoi derivati). Se talvolta le scelte dell’autore
sembrano giustificate dai temi della predicazione a lui dichiaratamente
cari (“baccanalia”, “baccante”, “baccato” ‘infuriato e stolto’, “Bacco”),
sorprende d’altra parte che, tranne “predicante” e “predicatore” (“al quale
gli Scrittori honorano con questi epiteti. Coltore della vigna di Dio.
Dicitore celeste. Messaggiero del cielo. Oratore sacro. Tromba del
Paradiso”), non si accolgano altri lemmi derivati da ‘predicare’ (ben sei
in più nella Crusca).
Alcune definizioni sono corredate di
indicazioni ortografiche e di pronuncia: “Abbondare & abbondanza con
doppio bb. ancorche il Dolce
dica, che scrivergli così nessuna necessità c’astringe”. La cura dell’opera
è documentata dalla puntualità di alcune descrizioni (“Ago, & aco, aghi
nel più. E un’istrumento, ch’adoprano i sartori nel cucire. Ago, & aco
si dice anco una spina, ch’hanno nella coda l’api, e simili animaletti, col
quale pungono”) e dall’accortezza con cui i rinvii sono rispettati e mai
elusi: “A cald’occhi. Leggi cald’occhi”, con apprezzabile riconoscimento
della parola chiave nel sintagma e poi con la definizione sotto
“Cald’occhi”.
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