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Discordi le fonti circa la sua origine
(veneta o friulana: cfr. DELI 1966-70 e Foffano 1951), visse a lungo
lontano dall’Italia con varie missioni al servizio di alti personaggi,
stabilendosi poi a Roma per tre anni. Trasferitosi a Venezia, lavorò per
qualche tempo nell’officina di Aldo Manuzio, divenendo in seguito piovano di
S. Fosca e canonico della Basilica di San Marco. La sua formazione è
rigorosamente umanistica, testimoniata da opere grammaticali (De copia et
varietate facundiae latinae [1521]), da repertori morali platonici (Divini
Platonis gemmae [1530]; Platonis gnomologia [1555]), opere in
prosa (Le occorrenze umane [1546] e Le selvette [1513],
inframezzate da intermezzi poetici) e in versi (Opere gentile et amorose
[1502]; Lo verde antico [1524]) e da numerose traduzioni (Lo quarto
libro dell’Eneida virgiliana, il De montibus del Boccaccio, ecc.).
Di particolare rilevanza sono Le vulgari elegantie (Roma 1521), che
affrontano il problema di una normativa linguistico-letteraria, e l’opera Le
Tre fontane (Venezia 1526) che si fonda su esempi stilistici e
linguistici tratti dalle opere di Dante (cfr. anche La spada di Dante
Alighieri poeta [1534]), Petrarca e Boccaccio. In appendice a Le Tre
fontane, con preciso intento polemico nei confronti della riforma
ortografica del Trissino, il Liburnio pubblicò il Dialogo sopra le lettere
del Trissino nuovamente imaginate sulle cose della lingua italiana. Bibliografia: Fontanini-Zeno 1803-04: I, 8; II, 153-54; Foffano 1951: XXI, 81; Olivieri 1942: VI, 93-94; Dionisotti 1962: XIV, 33-58; DELI 1966-70: III, 388-89; Peirone 1970: 5-18; LIE Autori 1982-91: II, 1067-68; Della Valle 1993: 31-33 |